sabato 26 settembre 2015

ALL'OMBRA DELLA LUNA - Storia di una strega mezzelfa (capitolo 3)

"Ritorno all’accademia di alchimia"

Jhoanna principiò nella spiegazione del rituale.
<<Il simulatus facies, un potente quanto rischioso rituale alchemico che consta di due fasi: la prima prevede la preparazione di una pozione, avente la funzione di mutare il proprio aspetto in quello desiderato, la seconda consta di un amuleto, col duplice scopo di rafforzare l’effetto della bevanda e di custodire le originali fattezze di chi si sottopone al rito. Una volta completato l’infuso, ne va prelevata una piccola parte, alla quale vanno aggiunte tre gocce del sangue di chi vuol mutar le proprie sembianze; suddetto amuleto va lasciato immerso, con una particolare pietra che fungerà da catalizzatore, per l’intero arco della notte. La bruna bevanda va poi conservata, in quanto berla sarà l’unico modo per poter tornare normali>> spiegava Jhoanna a Lumen <<Affinchè il simulatus facies faccia effetto, in primis va indossato l’amuleto e solo successivamente va bevuta la pozione. Nel caso in cui questa dovesse venir assunta senza aver addosso il catalizzatore, o se quest’ultimo venisse tolto prima di aver interrotto la mutazione, essa diverrà permanente. Sareste davvero disposto a sottoporvi ad un tale rischio solo per seguirmi, messer Lumen? Infondo ci siamo appena conosciuti>>.
<<Per la nostra causa comune e per voi, milady, sono pronto ad affrontare questo ed altri rischi>>, le rispose l’elfo con lo sguardo rivolto al cielo stellato.

Certo, si conoscevano appena, ma una voce dentro di lui gli suggeriva di seguirla, di non lasciare andar via quella donna dallo sguardo profondo e pieno di speranza, com’egli determinata a metter fine all’infausta lotta fra elfi ed umani.

La notte calò su Rocciadura. La stanchezza della giornata si fece sentire sempre di più, così i due giovani rientrarono nei rispettivi alloggi per ritemprarsi.
Jhoanna si svegliò alle prime luci dell’alba. Reperire tutto il necessario per il simulatus facies avrebbe richiesto non poco tempo; decise quindi di non indugiare oltre e di mettersi subito all’opera. Con sua sorpresa, trovò Lumen ad attenderla fuori dalla locanda. Immaginando che la donna si sarebbe destata di buon’ora, era ivi giunto per porgerle il proprio aiuto nell’impresa.
Uscirono dalla cittadella e si incamminarono verso i boschi che ne costeggiavano le formazioni rocciose. Impiegarono l’intera mattinata per riuscire a trovare tutto ciò che sarebbe occorso per il rituale. Per poter agire indisturbati, convennero ambedue nel recarsi all’alloggio di Jhoanna e principiare con i preparativi.

<<Ora mi occorrono tre gocce del vostro sangue, Lumen>>.
Punse con uno spillo il polpastrello di un dito della mano destra di lui, dopodiché fece ricadere le gocce del rubro fluido in un piccolo contenitore in cui vi era parte della pozione. Vi mise all’interno l’amuleto e lo lasciò l’intera notte. La mattina seguente Lumen tornò alla locanda e raggiunse Jhoanna nella sua stanza. Era tutto pronto.
<<Siete ancora in tempo per ripensarci>> gli si rivolse la donna con tono preoccupato.
<<Non ci penso nemmeno! Potete stare tranquilla, di certo non mi accadrà nulla di infausto. Non vi crucciate.>> disse lui sorridendole, tentando malamente di celare la propria ansia.
Lumen indossò l’amuleto a mo’ di collana, dopodiché bevve d’un fiato la pozione. La temperatura del suo corpo si alzò improvvisamente mentre il sudore gli imperlava il volto. Il cuore gli batteva forte come a voler balzar fuori dal petto e le membra divennero talmente doloranti da obbligarlo a distendersi. La sua agonia durò solo pochi istanti, ma gli parve fosse trascorsa un’eternità. 

<<Va tutto bene? Come vi sentite?>> gli chiese lei porgendogli un bicchier d’acqua.
<<È stato tutto così strano…non mi aspettavo fosse così doloroso>> rispose tenendosi il capo fra le mani. <<Un momento! Ma…le mie orecchie! Datemi uno specchio, vi prego!>>
Jhoanna lo aiutò ad alzarsi e lo accompagnò alla specchiera. Lumen vi osservò la propria immagine riflessa: le sue orecchie non erano più allungate ed a punta ma piccole e arrotondate, e l’esile muscolatura, tipica degli elfi, era divenuta corpulenta . Ciò che mostrava loro lo specchio non era l’immagine riflessa di un elfo, bensì di un umano. Il simulatus facies era dunque riuscito.

Raccolsero i propri effetti personali e si apprestarono a lasciare la locanda. Montarono sui fidi destrieri e si incamminarono alla volta dell’accademia di alchimia. Dopo due giorni di viaggio, finalmente giunsero alla meta. Trascorsero tre anni da quando abbandonò l’accademia, ma fu come se non l’avesse mai lasciata. Tutto era come lo ricordava. 

Il palazzo principale era circondato da vari edifici minori, tra cui una piccola biblioteca, i laboratori, i magazzini e gli appartamenti privati di Toranus. Per giungere all’ingresso bisognava attraversare il bel cortile in lastricato, ove le statue di due ninfee reggevano dei lucernari, pronte ad illuminare il cortile all’imbrunire della sera. Toranus aveva amato la natura sin da giovane, fece così adornare il plesso accademico da piante fiorite. Le due torrette che fiancheggiavano l’entrata con le loro cupole auree, donavano un tocco di maestosità all’intera struttura.

Avanzarono sul lastricato e giunsero dinanzi al massiccio portone di legno finemente intarsiato. Jhoanna esitò un attimo prima di afferrare l’anello del battente e suonare affinché qualcuno potesse giungere ad accoglierli. Il cuore le batteva forte al solo pensiero di rimetter piede in quell’edificio che aveva sempre considerato come una seconda casa. 

Il portone venne aperto. Dinanzi a loro vi era una donnina un po’ in là con gli anni: Ermelinda, sorella di Toranus.
<<Oh Jhoanna mia cara, è un vero piacere rivederti. Fatti abbracciare!>>, le disse la donna gettandole le braccia al collo.
La giovane ne ricambiò affettuosamente l’abbraccio. 
<<Di certo mio fratello sarà molto lieto di rivederti. Ragazza mia, siamo stati così in ansia per te quando decidesti di andare in battaglia; non sai quanto mi rincuori vederti qui adesso! Chi è il giovine che ti accompagna?>> disse rivolta verso Lumen.
<<È un mio compagno d’armi, donna Ermelinda>>, le rispose Jhoanna mentendole sulla vera identità dell’elfo. 

Ella li condusse allo studio di Toranus. Quando il vecchio mentore vide la sua adorata discepola riuscì a stento a trattenere le lacrime; portandosi l'unico braccio al viso per asciugarle corse verso di lei per stringerla in un caldo abbraccio. Dopo che ebbero sorseggiato una tazza fumante di buon thè, Toranus intuì che vi fosse ben altro dietro la mera visita di cortesia, ragion per cui chiese gentilmente alla sorella di abbandonare la stanza onde poter conferire privatamente con i due visitatori.

<<Maestro, come ben sapete son sempre stata avversa a questa guerriglia ed ho quindi compiuto delle ricerche per comprenderne l’origine>>. Jhoanna prese a raccontargli tutto ciò che aveva scoperto a Rocciadura, della malvagia Elwayth, intenzionata a proseguire con i suoi piani di conquista e degli scrigni contenenti le due rune in cui venne sigillata. Quando la giovane nominò il Wernyr, il volto di Toranus si crucciò a tal punto che le sue folte sopracciglia ne coprirono gli occhi.

<< Ho sempre sospettato che proseguendo con le ricerche saresti giunta a ciò, ragazza mia>>.
Si alzò dalla poltrona e si avvicinò alla finestra dello studio. Il suo sguardo cominciò a scorrere verso terre lontane e quasi inconsciamente principiò a carezzarsi la barba con fare preoccupato.
Sospirando continuò: <<Ciò che narra la leggenda è reale…i due scrigni esistono veramente e di uno di essi io ne sono il custode>>.


“…Per giungere all’ingresso bisognava attraversare il bel cortile in lastricato, ove le statue di due ninfee reggevano dei lucernari, pronte ad illuminare il cortile all’imbrunire della sera…”