giovedì 10 novembre 2016

ALL'OMBRA DELLA LUNA - Storia di una strega mezzelfa (capitolo 8)

"Le lame gemelle di Zarnath"

<<Queste sono le lame gemelle di Zarnath>>. Disse Zulvesh che, posati gli indici sui pugnali deposti sul tavolo, li allungò ai due giovani. <<A prima vista possono apparire come semplici stiletti, ma non lo sono affatto. Vedete le gemme incastonate sull’elsa di ognuno di essi? Racchiudono particolari poteri che vi saranno molto utili per metter fine ai vostri problemi >>.  Rise sardonicamente.

Ne consegnò uno a Lumen e l’altro a Jhoanna. <<Grazie a questi gioiellini riuscirete a farvi ascoltare da quei matusalemme dalle orecchie a punta e la puzza sotto al naso de I Dodici Savi Del Crepuscolo e dai pomposi rincitrulliti della Confederazione Delle Corone D’Argento>>, proferì sbuffando. <<Ora seguite perfettamente le mie istruzioni. E che sia chiaro>>, li fissò intensamente, <<non ho la minima intenzione di ripetere ciò che sto per dirvi>>, disse con tono burbero. <<Con la lama che vi ho consegnato incidete uno dei vostri polsi quel tanto che basta per far sì che qualche goccia di sangue sgorghi dalla ferita>>.

Lumen agì senza indugiare, prese il pugnale e si procurò un piccolo taglio al  polso sinistro. Jhoanna era titubante. Stringeva l’arma nella sua mano destra con una forza tale da sbiancarne le nocche. Chiuse gli occhi ed inspirò profondamente tentando di riacquistare almeno un po’ di calma. Riaprì le palpebre, avvicinò la lama al polso e con un rapido movimento si ferì, mentre una lieve smorfia di dolore apparve sul suo viso. 

<<Adesso sporcate le gemme col vostro sangue e pronunciate queste parole>>, proseguì Zulvesh, indicando loro dei versi stilati sulla pergamena di poco prima.

“Con il sangue domina la mia voce
Con la mia parola incanta le menti
Dona ad esse la quiete”

Afferrarono le else, portando le gemme in esse incastonate vicino ai polsi, mentre il fluido cremisi le irrorava proferirono quelle parole.

<<Bene, il patto è sugellato. Da questo momento in poi, voi solo potete usare i poteri dei pugnali. Non vi resta che pronunciare queste frasi ogni volta che vogliate attivarli e qualsiasi persona alla quale rivolgerete la parola diventerà mansueto come un agnellino non dubitando per nulla su ciò che direte>>. Incrociò le braccia e fissò i giovani con fare superbo. <<Ma attenzione, l’effetto dell’incantesimo dura solo un’ora ed entrambi potrete usarlo soltanto 3 volte, dopodiché il legame fra voi e le lame gemelle si spezzerà ed in mano vostra saranno solo dei bei coltelli decorati>>.

Lumen rigirò delicatamente il pugnale fra le mani, dopodiché ne accarezzò la gemma con il pollice della mano destra. Senza distogliere lo sguardo da essa disse: <<Far sì che queste illustri persone ascoltino le nostre parole non basterebbe. Necessiteremmo anche di prove e voi di certo lo avete intuito. Ed è qui che entra in gioco quello specchio. Dico bene, Zulvesh?>>.
<<Oh, è esattamente così. Come vi ho accennato prima di principiare il rituale, nello specchio è stato impresso tutto ciò che man mano sul pelo dell’acqua ci veniva mostrato>>. Arrotolò la pergamena e la legò con un pezzo di spago per far in modo che non si aprisse. La porse all’elfo dicendo:<<Qui sopra vi ho scritto anche l’incantesimo che serve per attivarlo. Non sarà certo un problema lanciarlo per voi>>. Allungò la mano nel cassetto della scrivania, tirandone fuori una pipa. Dopo averla riempita, la accese, tirò qualche boccata poi si rivolse ai due: <<E questo è quanto. Ora alzate i tacchi e andatevene!>>

Si alzarono dalle sedie impolverate . Raccolti specchio e pergamena, Lumen li ripose nella sacca di tela, che soleva portare sulle spalle, insieme al pugnale affidatogli. Jhoanna prese un fazzoletto di cotone bianco, sul quale erano ricamate le sue iniziali, lo avvolse intorno alla lama gemella in suo possesso e la depose con cura nella sua borsa. Usciti di casa, dopo qualche metro Jhoanna si voltò indietro verso lo stregone. <<Vi siamo grati per il vostro aiuto. Ma...>>, proseguì con fare turbato, <<ancora non abbiamo capito quale sarebbe il vostro compenso>>.

Un mezzo sorriso prese forma sul viso di Zulvesh. <<Non l’ho detto. Mi pagherete a tempo debito. Come e cosa non vi deve riguardare>>. Fece una lunga boccata di pipa. <<Comprendo però la vostra, diciamo così, curiosità. Posso solo dirvi che non possedete ancora ciò con cui mi ripagherete, ma quando arriverà il momento  verrò a prenderlo e sarà mio>>. “Già, sarà mia, solo mia!”, rifletté fra sé sghignazzando malignamente.

Le sue risa fecero nascere una strana sensazione di angoscia nell’animo della donna. Sentì come se una mano invisibile e possente le stesse per stringere il cuore con l’intento di frantumarlo. Il suo volto sbiancò. Lumen, accortosi dell’improvviso pallore della compagna, temendo che di lì a poco avrebbe perso i sensi, si fece pronto per sorreggerla, avvolgendole il braccio sinistro dietro le spalle. “Meglio se lasciamo presto questo posto”, pensò.

Si congedò nuovamente dal padrone di casa e lasciarono l’angusta dimora. 

La donna era ancora pallida e l’elfo era palesemente preoccupato per lei. Con una corda, legò il cavallo di Jhoanna al suo, in modo da poterli condurre entrambi fin fuori la foresta di Zakos. La aiutò ad adagiarsi in sella al suo destriero, prese le briglie e si avviarono con andatura lenta.

Tornarono in locanda alla giunta del vespro. Lumen accompagnò la donna alla sua stanza. 
<< Dopo tornerò da voi con qualcosa da mangiare >>, le disse mentre la aiutava a sedersi sul letto. <<Nel frattempo cercate di riposare un po’>>.
<<Vi sono grata, sir Lumen, però non vorrei recarvi disturbo. Verrò giù per la cena anch’io>>. Fece per alzarsi. 
Il giovine le pose una mano sulla spalla sorridendole. <<Non se ne parla affatto! Ammetto di non conoscerne il motivo, ma ciò che ha detto lo stregone deve avervi turbata non poco. Riposarvi non può fare che bene, quindi mettetevi comoda ed attendete il mio ritorno>>. Si avviò alla porta. Giunto sull’uscio si arrestò. <<E comunque sappiate che non mi crea disagio alcuno occuparmi di voi>>. Richiuse la porta alle sue spalle e si recò nella sala da pranzo della locanda.

Ordinò una zuppa misto legumi, verdure e frutta di stagione, quando gli fu servito, chiese di farsi preparare del brodo di pollo caldo da portare in camera.

Erano passati pochi minuti da quando Lumen era sceso per la cena. Jhoanna sentiva il bisogno di rinfrescarsi. Si alzò dal letto e si diresse al catino. Dopo averlo riempito con l’acqua che era nella brocca, iniziò a bagnarsi il viso. Sui suoi abiti vi era ancora l’odore delle erbe e delle sostanze usate per il rituale. Si spogliò e prese a lavarsi il resto del corpo. Vista l’ora si preparò per dormire, indossando la camicia da notte e la vestaglia, poi si sedette sulla sedia accostata al tavolo aspettando il ritorno dell’elfo. Poco dopo sentì dei passi avvicinarsi sempre più per poi arrestarsi proprio dinanzi la porta. 

<<Sono io, milady. Apritemi per favore>> udì pronunciare. Era la voce di Lumen. 
Accorse per farlo accomodare. 
<<Vi ho fatto preparare del brodo, consumatelo prima che si freddi >>, disse posando il vassoio sul tavolo, <<vi lascio desinare in pace. Buon appetito, lady Jhoanna>>.

Fece per andarsene ma la giovane donna lo fermò. 
<<Potreste restare ancora per un po’, se non vi dispiace?>>, proferì con voce bassa. <<Questa orribile sensazione non vuole abbandonarmi. Io non…>>


"...proseguì Zulvesh, indicando loro dei versi stilati sulla pergamena di poco prima.

“Con il sangue domina la mia voce
Con la mia parola incanta le menti
Dona ad esse la quiete”..."


lunedì 25 luglio 2016

ALL'OMBRA DELLA LUNA - Storia di una strega mezzelfa (capitolo 7)

"Una sconcertante scoperta: la verità rivelata"

La notte era da poco trascorsa. I primi raggi di sole, trapelando dalla piccola finestra della stanza, la illuminavano sempre di più. Lumen, desto già da un po’, si alzò dal letto, raccolse i suoi effetti personali ed uscì dalla camera. Si recò nella sala da pranzo della locanda. Lì trovò Jhoanna ad attenderlo per consumare la colazione, che aveva già provveduto ad ordinare. Consumarono il pasto, dopodiché si diressero dall’oste per saldare il conto. Non appena furono pronti, montarono in sella e si misero in cammino per fare ritorno alla dimora del famigerato stregone.

Zulvesh era ad attenderli fuori dalla porta con aria impaziente. <<Era ora che vi decideste ad arrivare!>>
Jhoanna e Lumen si scambiarono uno sguardo attonito. Come mai lo stregone sembrava avere così tanta premura?
I due giovani salutarono lo stregone scusandosi per l’attesa.

Varcata la soglia della porta, Zulvesh li fece accomodare nuovamente nel vecchio studio.

<<Bene, non indugiamo oltre>>. Li afferrò per le spalle portandoli al centro della stanza. Ivi si sedette e principiò a cospargere un miscuglio di polveri ed erbe sul pavimento disegnando un cerchio di rune e simboli magici. Pose al centro di questo un largo recipiente di forma circolare in puro argento e lo riempì con dell’acqua. Ordinò alla coppia di sedersi nei cerchi magici tracciati all’interno di quello principale, dopodiché si posizionò dinanzi alla bacinella.

Jhoanna si scrutò intorno con fare perplesso, quindi si rivolse all’elfo sussurrandogli: <<Voi siete forse a conoscenza di questo genere di rituale, messer Lumen?>>
Il giovine scosse il capo. Pur praticando la stregoneria, non aveva nozione alcuna del suddetto né tantomeno riconosceva molte delle rune tracciate sul pavimento. Le rispose anch’egli a voce bassa: <<in vero, credevo si sarebbe svolto in un modo analogo a quello utilizzato ieri>>. Si rivolse quindi allo stregone: << Potreste darci delucidazioni in merito a codesta procedura, se non vi è di troppo disturbo?>>
Zulvesh annuì e principiò ad esporre loro come si sarebbe svolto il rituale. Siccome in quel momento non erano in possesso di alcun oggetto che potesse far da tramite con quegli eventi passati, sarebbero stati loro stessi, con le informazioni di cui erano a conoscenza, a fare da catalizzatori, grazie alle rune che li circondavano. Dalla piccola borsa appesa alla cintola, estrasse uno specchio, lo strinse fra i palmi delle mani, mormorò un incantesimo e lo adagiò all’interno dell’argenteo recipiente. Versò nell’acqua alcune sostanze e si rivolse ai due giovani: <<Adesso è tutto pronto. Prestate molta attenzione: tenete gli occhi rivolti sull’acqua e le orecchie ben aperte: sarà lì che il passato si mostrerà a noi e nel frattempo verrà anche impresso in quello specchio. Poi vi spiegherò come utilizzarlo>>.

L’atmosfera si fece cupa. Gli sguardi di Jhoanna e Lumen erano fissi sull’acqua. Lo stregone tese le braccia in alto, come a voler cogliere qualcosa che di lì a poco sarebbe caduta dal cielo. Con gli occhi chiusi, pronunziò una formula magica. Le sue mani furono avvolte da una voluta di energia. Aprì gli occhi e poggiò entrambe sui bordi del recipiente; il bagliore avvolse prima la bacinella poi andò a scomparire riversandosi nel liquido al suo interno.

Il pelo dell’acqua cominciò a tremare; dal centro si formarono delle onde che via via andavano espandendosi fino ai bordi del recipiente. L’ondeggiare divenne sempre più lento, fino a che il fluido divenne piatto e grigio. 
Figure sfocate apparvero in superficie, dando mano a mano forma ad un regno elfico. <<Ma è Sijhal!>> esclamò Lumen.
Le immagini avanzarono, passando per le vie del reame giungendo sin all’interno del palazzo reale. Nella sala del trono un anziano elfo, di bianche vesti ammantato, aveva fra le mani qualcosa avvolto in un panno candido. “Ve lo affido”, disse consegnandolo ad uno più giovane. Sul capo di costui vi era una corona finemente decorata. Il re lo ringraziò e accolse l’oggetto asserendo che lo avrebbe custodito anche a costo della sua stessa vita. Passando fra corridoi e cunicoli del castello, giunse in una cripta. Vi entrò e si diresse verso un altare in pietra. La bianca stoffa che avvolgeva il fagotto cadde ai suoi piedi. Scorsero le sue mani posare qualcosa sull’ara. I due giovani spettatori ebbero un sussulto: ciò che il re aveva appena deposto era il Wernyr!

Lo scenario sull’acqua mutò. Prese forma una foresta. Nascosti in una cavità rocciosa, un gruppo di demoni confabulava di un rapimento ed una ricompensa. Uno di loro lanciò un incantesimo su alcuni membri della compagnia: le loro fattezze demoniache lasciarono posto a sembianze umane. Gli altri si allontanarono inoltrandosi nella boscaglia. Una giovane elfa dalle vesti raffinate era intenta a raccogliere erbe officinali, quando d’un tratto si trovò assalita dai balordi di prima. Le sue grida di terrore echeggiarono nella stanza. Degli uomini giunsero in suo aiuto. 
<<Ma…quelli sono i demoni a cui è stato mutato l’aspetto!>>, asserì Jhoanna.

Le immagini ridivennero sfocate poi man mano prese di nuovo forma la sala del trono. Il sovrano abbracciò forte la giovane elfa, mentre le lacrime gli rigavano il viso. Si rivolse poi ad uno dei suoi salvatori. Gli abiti che indossava erano nobili: sulla sua giacca vi era il simbolo della casata di Larkos. Come ringraziamento, gli porse un baule colmo di monete d’oro. “Vi ringrazio Sire, ma non necessito del Vostro denaro. Piuttosto, sembra che custodiate un oggetto dall’inestimabile valore. Quale miglior premio per la vita della Vostra incantevole figliola”. Un ghigno apparve sul volto dell’uomo. “Suvvia, consegnatemi il Wernyr”. Il re trasalì inorridito dinanzi a quella richiesta. Adirato chiamò le guardie, le quali accorsero all’istante arrestando gli ospiti sospetti.

Fuoco e fiamme apparvero sul pelo dell’acqua. I loschi individui, evasi dalla loro cella, si intrufolarono fra i meandri del palazzo. Giunti dinanzi alla cripta, trovarono una porta in ferro battuto protetta da un sigillo. Spezzato il suddetto, corsero verso l’altare sul quale giaceva il prezioso scrigno. “Eccolo finalmente, Thisora sarà fiero di noi!”, affermò uno di essi ridendo malvagiamente. Arraffarono lo scrigno e scapparono via. Corsero senza sosta fino a giungere nel cuore della foresta. I loro compari erano lì ad attenderli. Ripresero le fattezze demoniache. Uno di loro lanciò un incantesimo col quale fece comparire un portale temporaneo. Lo attraversarono scomparendo nel nulla.

L’acqua ritornò limpida. <<E questo è quanto>>. Zulvesh, dopo aver borbottato parole incomprensibili, raccolse lo specchio dal recipiente d’argento frettolosamente.
Lumen e Jhoanna si scambiarono uno sguardo perplesso.
Si alzarono dal pavimento e raggiunsero la scrivania. Dopo che si furono accomodati, lo stregone posò lo specchio sul tavolo, accanto alle lame gemelle di Zarnath. Prese un foglio di pergamena, intinse la nera piuma nell’inchiostro e vi iniziò a scrivere. 

<<Ieri siete giunti da me perché volevate scoprire quale fosse la verità dietro la guerra, tuttora in atto, principiata ben quattro secoli fa fra umani ed elfi>>. Si abbandonò sullo schienale della poltrona ed incrociando le braccia continuò: <<Ebbene, questo vecchio stregone non solo ve l’ha mostrato, ma vi darà anche qualcosa che porrà finalmente fine alla faida>>.

I due lo scrutarono sbigottiti. Data la fama dello stregone, non si aspettavano certo un gesto di magnanimità da parte sua. O forse non lo era?



"Figure sfocate apparvero in superficie, dando mano a mano forma ad un regno elfico. <<Ma è Sijhal!>> esclamò Lumen"

giovedì 21 aprile 2016

ALL'OMBRA DELLA LUNA - Storia di una strega mezzelfa (capitolo 6)

"La visione di Zulvesh: la nascita della nuova prescelta"

Lumen principiò ad esporre allo stregone il motivo per cui erano giunti da lui, prestando attenzione a non nominare in modo diretto i due scrigni, riferendosi a questi come ad oggetti di estrema importanza, di uno dei quali si sono perse le tracce. 
Jhoanna non era ancora riuscita a proferir parola. La sensazione di forte disagio continuava ad accompagnarla.

<<Ho udito molto sulla grandezza dei vostri poteri, sir Zulvesh. Di certo siete l’unico in grado di vedere in quell’oscuro passato>>, disse Lumen.
<<Sicuramente è come dite voi. Ma prima di accettare l’incarico da voi proposto, mi devo sincerare che possiate ricompensarmi adeguatamente>>. Sorrise sardonicamente, poi si alzò dalla poltrona sulla quale era seduto e si diresse alle spalle dei due. 
Jhoanna ebbe un sussulto.
<<Oh, non temete mia cara>> fece rivolto alla donna con tono canzonatorio, <<non ho alcuna intenzione di farvi del male. Ora rilassatevi>>.

Pose le mani sui loro capi, dopodiché chiuse gli occhi ed entrò come in uno stato di trance. Grazie ai suoi poteri, cominciò a scrutare il loro passato, presente e futuro, in cerca di un qualcosa che potesse essere di suo interesse da richiedere come compenso della missione. Varie scene principiarono a succedersi nella sua mente: foreste, villaggi elfici, luoghi intrisi di magia, un’accademia, campi di battaglia, una biblioteca piena di antichi testi, ma nulla di interessante per lui. 

Continuò a scrutare; il suo sesto senso lo spinse ad andare avanti. 

Vide un amore sbocciare, due giovani convolare a nozze, sudore e lacrime, il vagito di un neonato. Vide un’elfa oscura lavare dai fluidi del parto una bambina appena venuta alla luce e trasalire all’improvviso. Qualcosa doveva averla turbata. Avrebbe potuto sorvolare sulla faccenda, ma il suo istinto glielo impedì. Cosa aveva visto l’elfa sulla neonata? Doveva saperlo. La sua concentrazione divenne più forte, fin quando non riuscì a vedere attraverso gli occhi della donna. Ecco cos’era! Sulla nuca dell’infante vi era una strana voglia color dell’argento a forma di falce di Luna. Alla vista di questa l’elfa ebbe un fremito e proferì a fil di voce: “Non posso crederci…a quanto pare Heridor ha scelto te, nipote mia.”

Zulvesh alzò le mani dai capi dei suoi ospiti. Aveva visto abbastanza. 

Un ghigno apparve sul volto dello stregone.<<Bene, accetto l’incarico>>.
<<Non ci avete ancora detto cosa volete in cambio, sir Zulvesh>>, gli disse Lumen.
<<Oh, non preoccupatevi, mi pagherete a tempo debito. Ogni cosa al momento opportuno. Ora andatevene e lasciatemi lavorare in pace. Tornate domani mattina, quando tutto sarà ormai pronto>>.

I due giovani lasciarono la dimora dello stregone e si diressero in un villaggio non molto distante da lì. Giunsero in una locanda. Decisero di mangiare un boccone prima di riposarsi. 

<<Chissà cosa avrà voluto dire con quelle parole… “mi pagherete a tempo debito”…che si riferisse forse ad uno o entrambi gli scrigni?>>, chiese Jhoanna all’elfo con aria pensierosa e preoccupata.
<<Credete che possa essere di suo interesse impossessarsene? >>
<<Non saprei. D’altronde il potere che racchiudono è tanto immenso quanto pericoloso. Non ho un buon presentimento su tutto ciò>>.
<<Sia chiaro milady, nemmeno io mi fido di quell’individuo, ma in questo momento abbiamo bisogno dei suoi servigi>>. Mangiò qualche altro boccone di spezzatino poi continuò. <<Ora è inutile arrovellarci le menti. Attendiamo domani e vediamo cosa avrà da dirci>>.

Terminata la cena, i due si recarono nelle stanze prese per la notte. Jhoanna si concesse un bagno caldo, sperando di riuscire a scrollarsi di dosso la sensazione di disagio che l’aveva accompagnata per tutto il giorno, ma senza risultato. Sdraiatasi sul letto, si lasciò avvolgere dal calore della coperta e dopo un po’ si addormentò. 

L’austera dimora era completamente avvolta dalle tenebre. Nel camino il fuoco ancora scoppiettava. Da quando Lumen e Jhoanna erano andati via, Zulvesh cominciò a girovagare per lo studio con fare concitato. Non riusciva a smetter di rimuginare su ciò che aveva visto nel futuro dei due giovani. Era stato per lui come un fulmine a ciel sereno. Finalmente la sua lunga attesa stava per giungere a termine. La prescelta avrebbe presto fatto la sua comparsa. Mai avrebbe immaginato che questa volta si sarebbe imbattuto in lei per caso. Era una ghiotta occasione da non sprecare assolutamente. Quale miglior ricompensa per il suo operato? Sarebbe stata sua, come le altre prima di lei. 

Ma, per quanto egli fosse in grado di leggerlo in ogni suo particolare, il futuro poteva sempre mutare a causa di inaspettati eventi. Doveva far sì che l’avvenire dei due proseguisse anche meglio di come predetto. Prese allora una decisione: non solo avrebbe esaudito la richiesta dell’elfo, ma li avrebbe anche aiutati nel porre fine alla guerra in corso fra le due razze. 

Si avvicinò al camino e lanciò un semplice incantesimo d’acqua per spegnere le braci ardenti. Attese qualche minuto affinché il tutto si raffreddasse. Allungò il braccio al suo interno e cominciò a tastarne le pareti. Dopo qualche istante udì il sordo rumore di un meccanismo che veniva attivato. Zulvesh sfilò il braccio dall’interno del camino. Nel silenzio della stanza si sentivano gli ingranaggi entrare in funzione. La vecchia libreria si scostò in parte dalla parete, come una porta che è stata aperta. Dietro di questa vi era celato un passaggio. Presa la lampada ad olio accesa che era sul tavolo, scese le scale in pietra che portavano ad una sorta di cantina ampia quanto l’intera magione. Al suo interno lo stregone aveva riposto, nel corso dei secoli, tutto ciò che aveva un’importante rilevanza per lui, che sia per il mero valore materiale o per la pericolosità. Sul pavimento vi erano deposte decine di casse impolverate. Si arrestò dinanzi ad una di queste e l’aprì. Prese a scavare fra gli oggetti che conteneva.

<<Ah, eccole qui! Le lame gemelle di Zarnath! >> esclamò. Tra le mani teneva due pugnali finemente lavorati, identici in ogni particolare, eccezion fatta per la gemma incastonata sull’elsa dorata; su di una vi era uno zaffiro e sull’altra un rubino. Richiuse la cassa e tornò nello studio. Posò la lampada ed i pugnali sul tavolo. 

Si recò in cucina dopodiché tornò nello studio portando con sé un calice ed una bottiglia di vino rosso. Riaccese il camino, si accomodò sulla logora poltrona postavi difronte e si versò da bere. Mentre faceva roteare il calice con la vermiglia bevanda disse fra sé e sé: <<Anche questa volta sarai mia!>>
Principiò a ridere sommessamente, per poi esplodere in una bieca risata.



"Riaccese il camino, si accomodò sulla logora poltrona postavi difronte e si versò da bere."

giovedì 25 febbraio 2016

ALL'OMBRA DELLA LUNA - Storia di una strega mezzelfa (capitolo 5)

"Il disagio di Jhoanna: Zulvesh il discepolo della morte"

Era ormai scesa la sera. I due giovani erano stremati dalle forti emozioni della giornata, in special modo Jhoanna. Ermelinda mise a loro disposizione due camere che si trovavano accanto agli appartamenti privati di Toranus. Augurò la buona notte ai suoi ospiti e si congedò.

<<Cercate di riposare. Quest’oggi è stato intenso per voi e domani dovremo rimetterci in viaggio. Ci attendono all’incirca una decina di giorni di cammino per giungere nella foresta dove siamo diretti>>, disse Lumen rivolto a Jhoanna.
<<A proposito, non mi avete detto ancora nulla riguardo la nostra prossima meta e chi dovremo incontrare.>>
<<Non vorrei rovinarvi il sonno. Per adesso non pensateci. Vi prometto che domani ne parleremo. D’accordo?>>
Jhoanna annuì col capo.

<<Bene, adesso vi lascio riposare. Buona notte>>, la salutò sorridendo.

L’indomani mattina si alzarono alle prime luci dell’alba. Dopo aver consumato il primo pasto della giornata, salutarono i padroni di casa e si rimisero in cammino.

Avanzarono senza sosta per ore. Jhoanna, visibilmente ancora scossa per gli avvenimenti del giorno prima, era assorta nei suoi pensieri e non proferì parola per tutto il tempo. I morsi della fame cominciarono a farsi sentire, così i due giovani arrestarono il loro andare ed allestirono un piccolo campo di fortuna per rifocillarsi e far riposare i cavalli prima di poter riprendere il cammino. 

<<Siete stanca, lady Jhoanna? Volete riposarvi ancora un po’ prima di ripartire?>>, le chiese Lumen.
<<Vi ringrazio, sto bene>>, gli rispose sorridendo. <<Piuttosto, non dovevate parlarmi della persona con cui dovremo vederci?>>
<<Avete ragione. Una promessa è una promessa. Ma il racconto sarà lungo, quindi ritengo opportuno rimetterci in viaggio>>.

Rimessisi in sella, Lumen cominciò: <<Il luogo in cui siamo diretti è la foresta di Zakos. Pur non essendo molto vasta, è talmente fitta che i raggi del sole non riescono a penetrarvi, eccezion fatta per il cuore della stessa, in cui non vi sono alberi ma soltanto sassi, ammassi rocciosi e …>>, trasse un profondo respiro prima di continuare, <<la dimora di colui che dovremo incontrare>>.
<<È evidente che l’idea di imbattervi in questo individuo non vi aggrada sir Lumen. Per quale ragione? Chi è costui?>>
<<Il suo nome è Zulvesh, uno stregone dall’immenso potere, in grado di padroneggiare tutte le arti magiche, ma quelle in cui eccelle sono la negromanzia e la veggenza. Si narra che possa evocare lo spirito di qualsiasi defunto, a prescindere dal tempo trascorso dalla sua morte, e che riesca a vedere avanti e indietro nel tempo per secoli, leggendo passato e futuro come fossero libri aperti>>.
<<Ed è per questo che siamo diretti da lui, vero?>>.
<<Esatto milady. Grazie alle sue capacità probabilmente è l’unico in grado di fornirci qualche notizia in più su questo oscuro passato>>.
<<Dovete scusarmi, ma non riesco ancora a comprendere la ragione per cui non vi faccia piacere incontrarlo se può esserci di aiuto>>.
<<Dite così perché non conoscete la sua terribile fama. È tutt’altro che un uomo benevolo, i suoi immensi poteri sono pari alla sua malvagità. Per questo motivo è noto ai più come il discepolo della morte>>.

Pur non avendolo mai sentito nominare prima di quel momento, in Jhoanna scaturì una sensazione di forte disagio, che le fece correre un brivido lungo la schiena.

Il viaggio era ormai volto a termine. Lumen e Jhoanna arrivarono alla foresta di Zakos e si addentrarono nella fitta vegetazione. Pur essendo in pieno pomeriggio, sembrava di essere a sera inoltrata. Proseguirono a piedi, accompagnando a mano i destrieri. Mano a mano che avanzavano e raggiungevano il cuore della boscaglia, l’oscurità diminuiva ed il rossore del tramonto ne prendeva il posto.

Dopo aver camminato per un po', giunsero dinanzi alla dimora dello stregone. Esteriormente dava l’impressione di essere abbandonata da anni. Dalle finestre non trapelava neppure un flebile bagliore. Si guardarono intorno stupiti e delusi. 
<<Possibile che non vi dimori più qualcuno qui? Siete certo che il luogo sia questo, messere?>>, chiese Jhoanna all'elfo.

D'improvviso udirono le parole di un incantesimo alle loro spalle. La zona circostante cominciò ad illuminarsi: fu come se stesse albeggiando solo in quell’area. Si voltarono di scatto. Davanti a loro si prestava un uomo dal fisico alto e robusto. I lunghi capelli lerci e sciatti, neri come la pece, conferivano alla sua figura un aspetto selvaggio. Il suo sguardo, truce e penetrante, era come colmo di brace ardente. Indossava un'armatura in cuoio e metallo; sulle spalle un logoro mantello dalle rifiniture dorate. Armato di lancia e con un pugnale appeso alla cintola, la sua mano sinistra era ancora avvolta dal bagliore del sortilegio lanciato pochi istanti prima.

<<Chi siete voi? Per quale motivo avete osato addentrarvi nelle mie terre?>> disse l'uomo rivolto ai due giovani.
Lumen prese la parola: <<Siamo giunti fin qui perché avremmo bisogno di conferire con il famigerato Zulvesh. Siete forse voi?>>.
<<Sì, sono proprio io>>, rispose. <<Non apprezzo ricevere visite inaspettate, a meno che non si tratti di offrire i miei servigi in cambio di una ricompensa. Dunque, se avete  un qualche affare da propormi restate, altrimenti levatevi subito dai piedi!>>
L'elfo annuì con un gesto del capo.
<<Bene. Seguitemi.>>

I tre entrarono in quella dimora che pareva abbandonata. Lo stregone li condusse in una stanza buia. Ad un suo gesto il fuoco nel camino si accese ed illuminò in parte ciò che sembrava essere uno studio. Sulle pareti scaffali pieni di testi, alcuni dall'aspetto consunto e vecchio, bottiglie e recipienti vari, contenenti chissà quali sostanze. Sul tavolo di fronte a loro un alambicco per distillare pozioni e qualche libro.

<<Sedetevi>>, fece Zulvesh indicando loro delle sedie impolverate mentre si accomodava su di una poltrona sita dietro al tavolo. <<Ed ora ditemi, cosa può fare per voi questo “umile” stregone?>>.



"...la sua mano sinistra era ancora avvolta dal bagliore del sortilegio lanciato pochi istanti prima..."