giovedì 10 novembre 2016

ALL'OMBRA DELLA LUNA - Storia di una strega mezzelfa (capitolo 8)

"Le lame gemelle di Zarnath"

<<Queste sono le lame gemelle di Zarnath>>. Disse Zulvesh che, posati gli indici sui pugnali deposti sul tavolo, li allungò ai due giovani. <<A prima vista possono apparire come semplici stiletti, ma non lo sono affatto. Vedete le gemme incastonate sull’elsa di ognuno di essi? Racchiudono particolari poteri che vi saranno molto utili per metter fine ai vostri problemi >>.  Rise sardonicamente.

Ne consegnò uno a Lumen e l’altro a Jhoanna. <<Grazie a questi gioiellini riuscirete a farvi ascoltare da quei matusalemme dalle orecchie a punta e la puzza sotto al naso de I Dodici Savi Del Crepuscolo e dai pomposi rincitrulliti della Confederazione Delle Corone D’Argento>>, proferì sbuffando. <<Ora seguite perfettamente le mie istruzioni. E che sia chiaro>>, li fissò intensamente, <<non ho la minima intenzione di ripetere ciò che sto per dirvi>>, disse con tono burbero. <<Con la lama che vi ho consegnato incidete uno dei vostri polsi quel tanto che basta per far sì che qualche goccia di sangue sgorghi dalla ferita>>.

Lumen agì senza indugiare, prese il pugnale e si procurò un piccolo taglio al  polso sinistro. Jhoanna era titubante. Stringeva l’arma nella sua mano destra con una forza tale da sbiancarne le nocche. Chiuse gli occhi ed inspirò profondamente tentando di riacquistare almeno un po’ di calma. Riaprì le palpebre, avvicinò la lama al polso e con un rapido movimento si ferì, mentre una lieve smorfia di dolore apparve sul suo viso. 

<<Adesso sporcate le gemme col vostro sangue e pronunciate queste parole>>, proseguì Zulvesh, indicando loro dei versi stilati sulla pergamena di poco prima.

“Con il sangue domina la mia voce
Con la mia parola incanta le menti
Dona ad esse la quiete”

Afferrarono le else, portando le gemme in esse incastonate vicino ai polsi, mentre il fluido cremisi le irrorava proferirono quelle parole.

<<Bene, il patto è sugellato. Da questo momento in poi, voi solo potete usare i poteri dei pugnali. Non vi resta che pronunciare queste frasi ogni volta che vogliate attivarli e qualsiasi persona alla quale rivolgerete la parola diventerà mansueto come un agnellino non dubitando per nulla su ciò che direte>>. Incrociò le braccia e fissò i giovani con fare superbo. <<Ma attenzione, l’effetto dell’incantesimo dura solo un’ora ed entrambi potrete usarlo soltanto 3 volte, dopodiché il legame fra voi e le lame gemelle si spezzerà ed in mano vostra saranno solo dei bei coltelli decorati>>.

Lumen rigirò delicatamente il pugnale fra le mani, dopodiché ne accarezzò la gemma con il pollice della mano destra. Senza distogliere lo sguardo da essa disse: <<Far sì che queste illustri persone ascoltino le nostre parole non basterebbe. Necessiteremmo anche di prove e voi di certo lo avete intuito. Ed è qui che entra in gioco quello specchio. Dico bene, Zulvesh?>>.
<<Oh, è esattamente così. Come vi ho accennato prima di principiare il rituale, nello specchio è stato impresso tutto ciò che man mano sul pelo dell’acqua ci veniva mostrato>>. Arrotolò la pergamena e la legò con un pezzo di spago per far in modo che non si aprisse. La porse all’elfo dicendo:<<Qui sopra vi ho scritto anche l’incantesimo che serve per attivarlo. Non sarà certo un problema lanciarlo per voi>>. Allungò la mano nel cassetto della scrivania, tirandone fuori una pipa. Dopo averla riempita, la accese, tirò qualche boccata poi si rivolse ai due: <<E questo è quanto. Ora alzate i tacchi e andatevene!>>

Si alzarono dalle sedie impolverate . Raccolti specchio e pergamena, Lumen li ripose nella sacca di tela, che soleva portare sulle spalle, insieme al pugnale affidatogli. Jhoanna prese un fazzoletto di cotone bianco, sul quale erano ricamate le sue iniziali, lo avvolse intorno alla lama gemella in suo possesso e la depose con cura nella sua borsa. Usciti di casa, dopo qualche metro Jhoanna si voltò indietro verso lo stregone. <<Vi siamo grati per il vostro aiuto. Ma...>>, proseguì con fare turbato, <<ancora non abbiamo capito quale sarebbe il vostro compenso>>.

Un mezzo sorriso prese forma sul viso di Zulvesh. <<Non l’ho detto. Mi pagherete a tempo debito. Come e cosa non vi deve riguardare>>. Fece una lunga boccata di pipa. <<Comprendo però la vostra, diciamo così, curiosità. Posso solo dirvi che non possedete ancora ciò con cui mi ripagherete, ma quando arriverà il momento  verrò a prenderlo e sarà mio>>. “Già, sarà mia, solo mia!”, rifletté fra sé sghignazzando malignamente.

Le sue risa fecero nascere una strana sensazione di angoscia nell’animo della donna. Sentì come se una mano invisibile e possente le stesse per stringere il cuore con l’intento di frantumarlo. Il suo volto sbiancò. Lumen, accortosi dell’improvviso pallore della compagna, temendo che di lì a poco avrebbe perso i sensi, si fece pronto per sorreggerla, avvolgendole il braccio sinistro dietro le spalle. “Meglio se lasciamo presto questo posto”, pensò.

Si congedò nuovamente dal padrone di casa e lasciarono l’angusta dimora. 

La donna era ancora pallida e l’elfo era palesemente preoccupato per lei. Con una corda, legò il cavallo di Jhoanna al suo, in modo da poterli condurre entrambi fin fuori la foresta di Zakos. La aiutò ad adagiarsi in sella al suo destriero, prese le briglie e si avviarono con andatura lenta.

Tornarono in locanda alla giunta del vespro. Lumen accompagnò la donna alla sua stanza. 
<< Dopo tornerò da voi con qualcosa da mangiare >>, le disse mentre la aiutava a sedersi sul letto. <<Nel frattempo cercate di riposare un po’>>.
<<Vi sono grata, sir Lumen, però non vorrei recarvi disturbo. Verrò giù per la cena anch’io>>. Fece per alzarsi. 
Il giovine le pose una mano sulla spalla sorridendole. <<Non se ne parla affatto! Ammetto di non conoscerne il motivo, ma ciò che ha detto lo stregone deve avervi turbata non poco. Riposarvi non può fare che bene, quindi mettetevi comoda ed attendete il mio ritorno>>. Si avviò alla porta. Giunto sull’uscio si arrestò. <<E comunque sappiate che non mi crea disagio alcuno occuparmi di voi>>. Richiuse la porta alle sue spalle e si recò nella sala da pranzo della locanda.

Ordinò una zuppa misto legumi, verdure e frutta di stagione, quando gli fu servito, chiese di farsi preparare del brodo di pollo caldo da portare in camera.

Erano passati pochi minuti da quando Lumen era sceso per la cena. Jhoanna sentiva il bisogno di rinfrescarsi. Si alzò dal letto e si diresse al catino. Dopo averlo riempito con l’acqua che era nella brocca, iniziò a bagnarsi il viso. Sui suoi abiti vi era ancora l’odore delle erbe e delle sostanze usate per il rituale. Si spogliò e prese a lavarsi il resto del corpo. Vista l’ora si preparò per dormire, indossando la camicia da notte e la vestaglia, poi si sedette sulla sedia accostata al tavolo aspettando il ritorno dell’elfo. Poco dopo sentì dei passi avvicinarsi sempre più per poi arrestarsi proprio dinanzi la porta. 

<<Sono io, milady. Apritemi per favore>> udì pronunciare. Era la voce di Lumen. 
Accorse per farlo accomodare. 
<<Vi ho fatto preparare del brodo, consumatelo prima che si freddi >>, disse posando il vassoio sul tavolo, <<vi lascio desinare in pace. Buon appetito, lady Jhoanna>>.

Fece per andarsene ma la giovane donna lo fermò. 
<<Potreste restare ancora per un po’, se non vi dispiace?>>, proferì con voce bassa. <<Questa orribile sensazione non vuole abbandonarmi. Io non…>>


"...proseguì Zulvesh, indicando loro dei versi stilati sulla pergamena di poco prima.

“Con il sangue domina la mia voce
Con la mia parola incanta le menti
Dona ad esse la quiete”..."


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