giovedì 21 aprile 2016

ALL'OMBRA DELLA LUNA - Storia di una strega mezzelfa (capitolo 6)

"La visione di Zulvesh: la nascita della nuova prescelta"

Lumen principiò ad esporre allo stregone il motivo per cui erano giunti da lui, prestando attenzione a non nominare in modo diretto i due scrigni, riferendosi a questi come ad oggetti di estrema importanza, di uno dei quali si sono perse le tracce. 
Jhoanna non era ancora riuscita a proferir parola. La sensazione di forte disagio continuava ad accompagnarla.

<<Ho udito molto sulla grandezza dei vostri poteri, sir Zulvesh. Di certo siete l’unico in grado di vedere in quell’oscuro passato>>, disse Lumen.
<<Sicuramente è come dite voi. Ma prima di accettare l’incarico da voi proposto, mi devo sincerare che possiate ricompensarmi adeguatamente>>. Sorrise sardonicamente, poi si alzò dalla poltrona sulla quale era seduto e si diresse alle spalle dei due. 
Jhoanna ebbe un sussulto.
<<Oh, non temete mia cara>> fece rivolto alla donna con tono canzonatorio, <<non ho alcuna intenzione di farvi del male. Ora rilassatevi>>.

Pose le mani sui loro capi, dopodiché chiuse gli occhi ed entrò come in uno stato di trance. Grazie ai suoi poteri, cominciò a scrutare il loro passato, presente e futuro, in cerca di un qualcosa che potesse essere di suo interesse da richiedere come compenso della missione. Varie scene principiarono a succedersi nella sua mente: foreste, villaggi elfici, luoghi intrisi di magia, un’accademia, campi di battaglia, una biblioteca piena di antichi testi, ma nulla di interessante per lui. 

Continuò a scrutare; il suo sesto senso lo spinse ad andare avanti. 

Vide un amore sbocciare, due giovani convolare a nozze, sudore e lacrime, il vagito di un neonato. Vide un’elfa oscura lavare dai fluidi del parto una bambina appena venuta alla luce e trasalire all’improvviso. Qualcosa doveva averla turbata. Avrebbe potuto sorvolare sulla faccenda, ma il suo istinto glielo impedì. Cosa aveva visto l’elfa sulla neonata? Doveva saperlo. La sua concentrazione divenne più forte, fin quando non riuscì a vedere attraverso gli occhi della donna. Ecco cos’era! Sulla nuca dell’infante vi era una strana voglia color dell’argento a forma di falce di Luna. Alla vista di questa l’elfa ebbe un fremito e proferì a fil di voce: “Non posso crederci…a quanto pare Heridor ha scelto te, nipote mia.”

Zulvesh alzò le mani dai capi dei suoi ospiti. Aveva visto abbastanza. 

Un ghigno apparve sul volto dello stregone.<<Bene, accetto l’incarico>>.
<<Non ci avete ancora detto cosa volete in cambio, sir Zulvesh>>, gli disse Lumen.
<<Oh, non preoccupatevi, mi pagherete a tempo debito. Ogni cosa al momento opportuno. Ora andatevene e lasciatemi lavorare in pace. Tornate domani mattina, quando tutto sarà ormai pronto>>.

I due giovani lasciarono la dimora dello stregone e si diressero in un villaggio non molto distante da lì. Giunsero in una locanda. Decisero di mangiare un boccone prima di riposarsi. 

<<Chissà cosa avrà voluto dire con quelle parole… “mi pagherete a tempo debito”…che si riferisse forse ad uno o entrambi gli scrigni?>>, chiese Jhoanna all’elfo con aria pensierosa e preoccupata.
<<Credete che possa essere di suo interesse impossessarsene? >>
<<Non saprei. D’altronde il potere che racchiudono è tanto immenso quanto pericoloso. Non ho un buon presentimento su tutto ciò>>.
<<Sia chiaro milady, nemmeno io mi fido di quell’individuo, ma in questo momento abbiamo bisogno dei suoi servigi>>. Mangiò qualche altro boccone di spezzatino poi continuò. <<Ora è inutile arrovellarci le menti. Attendiamo domani e vediamo cosa avrà da dirci>>.

Terminata la cena, i due si recarono nelle stanze prese per la notte. Jhoanna si concesse un bagno caldo, sperando di riuscire a scrollarsi di dosso la sensazione di disagio che l’aveva accompagnata per tutto il giorno, ma senza risultato. Sdraiatasi sul letto, si lasciò avvolgere dal calore della coperta e dopo un po’ si addormentò. 

L’austera dimora era completamente avvolta dalle tenebre. Nel camino il fuoco ancora scoppiettava. Da quando Lumen e Jhoanna erano andati via, Zulvesh cominciò a girovagare per lo studio con fare concitato. Non riusciva a smetter di rimuginare su ciò che aveva visto nel futuro dei due giovani. Era stato per lui come un fulmine a ciel sereno. Finalmente la sua lunga attesa stava per giungere a termine. La prescelta avrebbe presto fatto la sua comparsa. Mai avrebbe immaginato che questa volta si sarebbe imbattuto in lei per caso. Era una ghiotta occasione da non sprecare assolutamente. Quale miglior ricompensa per il suo operato? Sarebbe stata sua, come le altre prima di lei. 

Ma, per quanto egli fosse in grado di leggerlo in ogni suo particolare, il futuro poteva sempre mutare a causa di inaspettati eventi. Doveva far sì che l’avvenire dei due proseguisse anche meglio di come predetto. Prese allora una decisione: non solo avrebbe esaudito la richiesta dell’elfo, ma li avrebbe anche aiutati nel porre fine alla guerra in corso fra le due razze. 

Si avvicinò al camino e lanciò un semplice incantesimo d’acqua per spegnere le braci ardenti. Attese qualche minuto affinché il tutto si raffreddasse. Allungò il braccio al suo interno e cominciò a tastarne le pareti. Dopo qualche istante udì il sordo rumore di un meccanismo che veniva attivato. Zulvesh sfilò il braccio dall’interno del camino. Nel silenzio della stanza si sentivano gli ingranaggi entrare in funzione. La vecchia libreria si scostò in parte dalla parete, come una porta che è stata aperta. Dietro di questa vi era celato un passaggio. Presa la lampada ad olio accesa che era sul tavolo, scese le scale in pietra che portavano ad una sorta di cantina ampia quanto l’intera magione. Al suo interno lo stregone aveva riposto, nel corso dei secoli, tutto ciò che aveva un’importante rilevanza per lui, che sia per il mero valore materiale o per la pericolosità. Sul pavimento vi erano deposte decine di casse impolverate. Si arrestò dinanzi ad una di queste e l’aprì. Prese a scavare fra gli oggetti che conteneva.

<<Ah, eccole qui! Le lame gemelle di Zarnath! >> esclamò. Tra le mani teneva due pugnali finemente lavorati, identici in ogni particolare, eccezion fatta per la gemma incastonata sull’elsa dorata; su di una vi era uno zaffiro e sull’altra un rubino. Richiuse la cassa e tornò nello studio. Posò la lampada ed i pugnali sul tavolo. 

Si recò in cucina dopodiché tornò nello studio portando con sé un calice ed una bottiglia di vino rosso. Riaccese il camino, si accomodò sulla logora poltrona postavi difronte e si versò da bere. Mentre faceva roteare il calice con la vermiglia bevanda disse fra sé e sé: <<Anche questa volta sarai mia!>>
Principiò a ridere sommessamente, per poi esplodere in una bieca risata.



"Riaccese il camino, si accomodò sulla logora poltrona postavi difronte e si versò da bere."