venerdì 31 marzo 2017

All'ombra della Luna - Storia di una strega mezzelfa....to be continued!

Buon pomeriggio miei cari lettori!

Spero che ciò che abbiate letto finora del mio romanzo sia stato di vostro gradimento.
Quando ho aperto il blog, l’idea era quella di farvi “assaggiare” il prologo della storia che mi stavo accingendo a scrivere e poi dedicarmi all’intera stesura del romanzo per, lo spero, una pubblicazione cartacea.

Però man mano la mia fantasia galoppava, e tuttora galoppa, dando vita a paragrafi che sono divenuti capitoli. Ed infine, quello che doveva essere un semplice prologo di qualche pagina, si è esteso ed è diventato parte integrante della storia.

Dopo aver a lungo riflettuto, sono giunta alla decisione di dedicarmi alla stesura dell’intero racconto. Non saranno più pubblicati, dunque, altri capitoli de “All’ombra della Luna – Storia di una strega mezzelfa” sul blog. Resteranno comunque i primi nove come “assaggio”.

Il blog rimarrà attivo, sia per tenervi aggiornati sul percorso di stesura, sia per racconti brevi. Per qualsiasi domanda e curiosità sono a vostra disposizione.

Quindi continuate a seguirci per ulteriori mirabolanti avventure!
Ci vediamo alla prossima pubblicazione!

Monica


sabato 4 febbraio 2017

ALL'OMBRA DELLA LUNA - Storia di una strega mezzelfa (capitolo 9)

"Nauris il corvo arcano"

Alla richiesta di Jhoanna, Lumen tornò sui suoi passi. Prese la seggiola che era in un angolo della stanza, la avvicinò al tavolo e si sedette accanto a lei.

<<Tranquilla, resterò qui a farvi compagnia se vi fa piacere>>.
Consumò con calma la calda pietanza. Un boccone dopo l’altro, il colorito riaffiorava sulle sue gote.
<<Vi sentite meglio adesso?>>, disse  rivolto alla donna che aveva appena terminato di consumare il pasto.
<<Sì, grazie>>.
<<Quando ho visto il vostro viso impallidire mi sono allarmato, sapete?>>
<<Mi spiace di avervi fatto preoccupare>>, rispose con voce affranta. <<Non so spiegarmene nemmeno io il motivo, ma quando lo stregone ha pronunciato quelle parole, è stato come se qualcuno mi avesse afferrato il cuore e lo avesse stretto con una forza tale da ridurlo in poltiglia. È stato orribile>>.

<<Comprendo ciò che intendete dire. Ho provato anch’io una spiacevole sensazione, ovviamente non come la vostra>>. Si sollevò dalla sedia, le pose le mani sulle spalle e la guardò negli occhi. <<Per il momento non pensiamo a ciò che ha detto. Non siamo ancora in possesso di ciò che lui ambisce, né sappiamo quando lo avremo. Adesso abbiamo una missione molto importante da compiere e ritengo opportuno concentrarci su di essa. Eravamo partiti in cerca di risposte e, contro ogni nostra aspettativa, ci siamo ritrovati con dei mezzi che potrebbero addirittura mettere finalmente fine alla guerra>>.
<<Avete ragione, Lumen. Ora dipende tutto da noi. Non ci resta che pensare a quale sarà la nostra prossima mossa>>. Si portò la mano destra al mento con fare pensieroso. <<Mmm…Toranus è sempre stato molto ben visto dalla Confederazione Delle Corone D’Argento, gode di un’ottima influenza verso costoro. Con il suo aiuto potrei cercare di ottenere udienza e raccontare loro come sono accaduti i fatti>>.
<<Potrebbe essere un punto di partenza. Io, dal canto mio, mi recherò a Sijhal per incontrare la figlia del vecchio custode sovrano. Se non rammento male, dovrebbe far parte dei Dodici Savi Del Crepuscolo come Anziana. Sono certo che i ricordi di quei giorni sono ancora vivi in lei e grazie allo specchio comprenderà che è stata una mera trappola dei demoni>>.
<<Tuttavia, ammesso e non concesso che ci ascoltino e che credano alle nostre parole, non sarebbe sufficiente. Per estinguere definitivamente la faida bisognerebbe che entrambi firmino un trattato di pace. Solo così sarà davvero tutto finito>>.

Lumen prese a camminare avanti e indietro per la camera sovrappensiero, finché non si arrestò improvvisamente. <<Ma certo, il tempio di Uhrena!>>, esclamò. <<Non v’è luogo migliore per porre in essere un simile incontro!>>
<< Questo nome non mi è nuovo. Dove l’ho già sentito?>>
<<Probabilmente a Rocciadura, milady. È il santuario eretto in onore della dea nanica della guerra, ubicato in una piana poco distante dalla cittadella ed essendo territorio neutrale vige il divieto di belligeranza. Potremmo incontrarci tutti lì e discutere sull’armistizio. Che ne dite?>>
<<La trovo una magnifica idea, sir Lumen>>, rispose. <<Domani mi metterò in viaggio verso la cara vecchia accademia di alchimia. Non vedo l’ora di raccontare al mio maestro quanto abbiamo scoperto>>. 

I suoi grandi occhi castani si illuminarono di una luce speranzosa, mentre sul suo viso compariva un largo sorriso. Lumen non riusciva a distogliere il suo sguardo dal volto di Jhoanna. Era la prima volta che la vedeva sorridere in quel modo da quando si erano conosciuti. Ne fu come rapito. Sentì nascere dentro di sé il desiderio di abbracciarla, stringerla, ma a malincuore preferì trattenersi.

Tra una chiacchiera e l’altra, la notte calò da un pezzo. 
<<Mi sa proprio che sia giunta l’ora di ritirarci, Jhoanna. Vi auguro pertanto sogni d’oro>>, le disse l’elfo, tornando poi nel suo alloggio. 

L’indomani mattina, procedettero coi preparativi per la partenza. Tutto era pronto, le bisacce con i loro effetti personali furono legate alle selle delle cavalcature. 
<<È giunto il momento di salutarci, messer Lumen, anche se per poco. Devo ammettere che è stato gradevole viaggiare in vostra compagnia>>.
<<Anche per me è stato un piacere, milady>>, le parlò il giovane elfo guardandola dolcemente. 

Da quando tempo addietro lasciarono Rocciadura per far visita a Toranus, Lumen si trovava ancora sotto l’effetto del simulatus facies, mostrando fattezze umane al posto di quelle elfiche. <<Ah, non vedo l’ora di riacquistare le mie sembianze! Mi manca il mio aspetto originario, sapete?>>
<<Rammentate come spezzare il rituale, vero? Prima dovete bere la pozione e solo dopo potete togliervi la collana>>.
Lumen annuì. <<Potete stare tranquilla, non sbaglierò di certo!>>.
<<Ah! Prima di salutarci dovremmo ponderare a come tenerci in contatto e comunicare all’altro l’esito delle nostre imprese, così da metterci poi d’accordo sul quando incontrarci al tempio di Uhrena>>, disse Jhoanna.
<<Basta unire le nostre capacità e troveremo una soluzione. Io potrei mandarvi Nauris, il mio corvo arcano. Ora ve lo presento>>. 

L’elfo si chinò. Con un dito toccò il terreno ed iniziò a tracciare il cerchio magico di quel sortilegio. Terminato, pose entrambe le mani sul suolo, chiuse gli occhi per raccogliere la necessaria concentrazione e sussurrò l’incantesimo di richiamo. Il tono della sua voce era talmente basso che Jhoanna non riuscì a distinguerne una sola parola. I segni sulla terra divennero luminosi. Fiamme fredde e scure comparvero al centro del circolo. Mano a mano divennero sempre più intense e corpose, assumendo la forma di un volatile. <<Cra>>, gracchiò. Si levò in volo compiendo ampi circoli nel cielo, per poi appollaiarsi sulla spalla del suo padrone.
<<Ecco a voi Nauris, il mio fido famiglio>>, disse mentre gli grattava affettuosamente il capo.
Era la prima volta che Jhoanna si trovava dinanzi una creatura simile. Tese la mano timorosa verso il corvo e gli sfiorò le lucide piume nere del petto col dorso delle dita. Nauris girò il capo di lato con fare altezzoso.
<<È in grado di percorrere lunghe distanze senza mai stancarsi, portando anche oggetti di piccole dimensioni e dal peso contenuto, come ad esempio una lettera. Potrei mandarlo da voi non appena avrò portato a termine il mio compito. L’unico problema è fargli sapere esattamente dove trovarvi>>.
<<A questo posso pensarci io>>. Raccolse da terra una piccola pietra ed un ramoscello secco. Estrasse dal borsello che portava alla cintola un coltellino e, con questo, si tagliò una ciocca di capelli. Da una delle sacche legate al suo destriero, prese una ciotolina vuota ed alcune boccette; contenevano tutte delle sostanze fluide, tranne una in cui vi erano delle erbe sminuzzate finemente. Mise il sasso ed i capelli recisi nella ciotola. Con una pipetta prelevò meticolosamente la giusta dose di liquidi e la versò su questi. Dopodiché coprì il tutto con la polvere erbacea. Con l’acciarino accese il rametto e lo avvicinò alla ciotola. Le erbe presero fuoco e si incenerirono un istante dopo. La lieve nuvola di fumo che ne scaturì fu soffiata via dall’alchimista. Nella scodella non vi rimase null’altro che il sassolino, il cui colore era divenuto di un verde scuro. Lumen l’aveva osservata incuriosito per tutto il tempo in cui fu all’opera.
<<Adesso questo semplice sasso è collegato a me, vedete?>>. La pietra stava vibrando, mano a mano sempre più forte. <<Ora mi allontanerò un po’. Quando non sarò più visibile, prelevatela dalla ciotola. Fra qualche minuto tornerò>>.

Lumen afferrò la pietra con la mano destra. Un lieve calore si sprigionò da essa, attraversando il braccio fino a diffondersi in tutto il corpo. Nella sua mente apparve l’immagine di Jhoanna: la schiena poggiata ad una parete; accanto a lei delle casse e qualche barile. Dopo un po’ Jhoanna fece capolino da lontano. Man mano che lei si avvicinava la vibrazione del sasso aumentava.
<<Allora, non avete provato nulla?>>
L’elfo le descrisse la strana sensazione di tepore che aveva avvertito e ciò che gli era apparso nei pensieri. <<Eravate sul retro di quella bottega, dico bene?>>
<<Esattamente. E non avete notato null’altro?>>
Lumen guardava incuriosito e divertito il sassolino ancora nella sua mano. <<Più vi avvicinavate e più oscillava. Quindi non solo indica la vostra posizione ma anche l’accorciarsi della distanza fra voi e chi lo possiede>>.
Jhoanna rise. <<Comodo, vero? E funziona anche con le creature magiche. Vi basta affidarla al vostro corvo arcano e riuscirà a raggiungermi senza alcuna difficoltà>>.
<<Ed anche questo problema è risolto. Ora non ci resta che metterci in cammino. Vi manderò Nauris con mie nuove non appena sarò pronto>>. 
<<Attenderò vostre notizie con ansia. Arrivederci, Lumen!>> 
L’elfo le afferrò le mani fra le sue, stringendole caldamente. <<A presto, cara lady Jhoanna!>>, la salutò sorridendo.

I due montarono in sella ai propri destrieri e si misero in viaggio, l’uno alla volta di Sijhal, l’altra verso il villaggio di Anteronin , ove era ubicata l’accademia di alchimia dalla quale prese il nome decenni or sono. 
E mentre alto nel cielo il Sole illuminava i loro cammini, Lumen e Jhoanna, accarezzati dal tepore dei suoi raggi, si allontanarono sempre più l’uno dall’altra, svanendo alla vista dei propri occhi, ma non alla voce dei loro cuori.


"...<<Cra>>, gracchiò. Si levò in volo compiendo ampi circoli nel cielo, per poi appollaiarsi sulla spalla del suo padrone..."



giovedì 10 novembre 2016

ALL'OMBRA DELLA LUNA - Storia di una strega mezzelfa (capitolo 8)

"Le lame gemelle di Zarnath"

<<Queste sono le lame gemelle di Zarnath>>. Disse Zulvesh che, posati gli indici sui pugnali deposti sul tavolo, li allungò ai due giovani. <<A prima vista possono apparire come semplici stiletti, ma non lo sono affatto. Vedete le gemme incastonate sull’elsa di ognuno di essi? Racchiudono particolari poteri che vi saranno molto utili per metter fine ai vostri problemi >>.  Rise sardonicamente.

Ne consegnò uno a Lumen e l’altro a Jhoanna. <<Grazie a questi gioiellini riuscirete a farvi ascoltare da quei matusalemme dalle orecchie a punta e la puzza sotto al naso de I Dodici Savi Del Crepuscolo e dai pomposi rincitrulliti della Confederazione Delle Corone D’Argento>>, proferì sbuffando. <<Ora seguite perfettamente le mie istruzioni. E che sia chiaro>>, li fissò intensamente, <<non ho la minima intenzione di ripetere ciò che sto per dirvi>>, disse con tono burbero. <<Con la lama che vi ho consegnato incidete uno dei vostri polsi quel tanto che basta per far sì che qualche goccia di sangue sgorghi dalla ferita>>.

Lumen agì senza indugiare, prese il pugnale e si procurò un piccolo taglio al  polso sinistro. Jhoanna era titubante. Stringeva l’arma nella sua mano destra con una forza tale da sbiancarne le nocche. Chiuse gli occhi ed inspirò profondamente tentando di riacquistare almeno un po’ di calma. Riaprì le palpebre, avvicinò la lama al polso e con un rapido movimento si ferì, mentre una lieve smorfia di dolore apparve sul suo viso. 

<<Adesso sporcate le gemme col vostro sangue e pronunciate queste parole>>, proseguì Zulvesh, indicando loro dei versi stilati sulla pergamena di poco prima.

“Con il sangue domina la mia voce
Con la mia parola incanta le menti
Dona ad esse la quiete”

Afferrarono le else, portando le gemme in esse incastonate vicino ai polsi, mentre il fluido cremisi le irrorava proferirono quelle parole.

<<Bene, il patto è sugellato. Da questo momento in poi, voi solo potete usare i poteri dei pugnali. Non vi resta che pronunciare queste frasi ogni volta che vogliate attivarli e qualsiasi persona alla quale rivolgerete la parola diventerà mansueto come un agnellino non dubitando per nulla su ciò che direte>>. Incrociò le braccia e fissò i giovani con fare superbo. <<Ma attenzione, l’effetto dell’incantesimo dura solo un’ora ed entrambi potrete usarlo soltanto 3 volte, dopodiché il legame fra voi e le lame gemelle si spezzerà ed in mano vostra saranno solo dei bei coltelli decorati>>.

Lumen rigirò delicatamente il pugnale fra le mani, dopodiché ne accarezzò la gemma con il pollice della mano destra. Senza distogliere lo sguardo da essa disse: <<Far sì che queste illustri persone ascoltino le nostre parole non basterebbe. Necessiteremmo anche di prove e voi di certo lo avete intuito. Ed è qui che entra in gioco quello specchio. Dico bene, Zulvesh?>>.
<<Oh, è esattamente così. Come vi ho accennato prima di principiare il rituale, nello specchio è stato impresso tutto ciò che man mano sul pelo dell’acqua ci veniva mostrato>>. Arrotolò la pergamena e la legò con un pezzo di spago per far in modo che non si aprisse. La porse all’elfo dicendo:<<Qui sopra vi ho scritto anche l’incantesimo che serve per attivarlo. Non sarà certo un problema lanciarlo per voi>>. Allungò la mano nel cassetto della scrivania, tirandone fuori una pipa. Dopo averla riempita, la accese, tirò qualche boccata poi si rivolse ai due: <<E questo è quanto. Ora alzate i tacchi e andatevene!>>

Si alzarono dalle sedie impolverate . Raccolti specchio e pergamena, Lumen li ripose nella sacca di tela, che soleva portare sulle spalle, insieme al pugnale affidatogli. Jhoanna prese un fazzoletto di cotone bianco, sul quale erano ricamate le sue iniziali, lo avvolse intorno alla lama gemella in suo possesso e la depose con cura nella sua borsa. Usciti di casa, dopo qualche metro Jhoanna si voltò indietro verso lo stregone. <<Vi siamo grati per il vostro aiuto. Ma...>>, proseguì con fare turbato, <<ancora non abbiamo capito quale sarebbe il vostro compenso>>.

Un mezzo sorriso prese forma sul viso di Zulvesh. <<Non l’ho detto. Mi pagherete a tempo debito. Come e cosa non vi deve riguardare>>. Fece una lunga boccata di pipa. <<Comprendo però la vostra, diciamo così, curiosità. Posso solo dirvi che non possedete ancora ciò con cui mi ripagherete, ma quando arriverà il momento  verrò a prenderlo e sarà mio>>. “Già, sarà mia, solo mia!”, rifletté fra sé sghignazzando malignamente.

Le sue risa fecero nascere una strana sensazione di angoscia nell’animo della donna. Sentì come se una mano invisibile e possente le stesse per stringere il cuore con l’intento di frantumarlo. Il suo volto sbiancò. Lumen, accortosi dell’improvviso pallore della compagna, temendo che di lì a poco avrebbe perso i sensi, si fece pronto per sorreggerla, avvolgendole il braccio sinistro dietro le spalle. “Meglio se lasciamo presto questo posto”, pensò.

Si congedò nuovamente dal padrone di casa e lasciarono l’angusta dimora. 

La donna era ancora pallida e l’elfo era palesemente preoccupato per lei. Con una corda, legò il cavallo di Jhoanna al suo, in modo da poterli condurre entrambi fin fuori la foresta di Zakos. La aiutò ad adagiarsi in sella al suo destriero, prese le briglie e si avviarono con andatura lenta.

Tornarono in locanda alla giunta del vespro. Lumen accompagnò la donna alla sua stanza. 
<< Dopo tornerò da voi con qualcosa da mangiare >>, le disse mentre la aiutava a sedersi sul letto. <<Nel frattempo cercate di riposare un po’>>.
<<Vi sono grata, sir Lumen, però non vorrei recarvi disturbo. Verrò giù per la cena anch’io>>. Fece per alzarsi. 
Il giovine le pose una mano sulla spalla sorridendole. <<Non se ne parla affatto! Ammetto di non conoscerne il motivo, ma ciò che ha detto lo stregone deve avervi turbata non poco. Riposarvi non può fare che bene, quindi mettetevi comoda ed attendete il mio ritorno>>. Si avviò alla porta. Giunto sull’uscio si arrestò. <<E comunque sappiate che non mi crea disagio alcuno occuparmi di voi>>. Richiuse la porta alle sue spalle e si recò nella sala da pranzo della locanda.

Ordinò una zuppa misto legumi, verdure e frutta di stagione, quando gli fu servito, chiese di farsi preparare del brodo di pollo caldo da portare in camera.

Erano passati pochi minuti da quando Lumen era sceso per la cena. Jhoanna sentiva il bisogno di rinfrescarsi. Si alzò dal letto e si diresse al catino. Dopo averlo riempito con l’acqua che era nella brocca, iniziò a bagnarsi il viso. Sui suoi abiti vi era ancora l’odore delle erbe e delle sostanze usate per il rituale. Si spogliò e prese a lavarsi il resto del corpo. Vista l’ora si preparò per dormire, indossando la camicia da notte e la vestaglia, poi si sedette sulla sedia accostata al tavolo aspettando il ritorno dell’elfo. Poco dopo sentì dei passi avvicinarsi sempre più per poi arrestarsi proprio dinanzi la porta. 

<<Sono io, milady. Apritemi per favore>> udì pronunciare. Era la voce di Lumen. 
Accorse per farlo accomodare. 
<<Vi ho fatto preparare del brodo, consumatelo prima che si freddi >>, disse posando il vassoio sul tavolo, <<vi lascio desinare in pace. Buon appetito, lady Jhoanna>>.

Fece per andarsene ma la giovane donna lo fermò. 
<<Potreste restare ancora per un po’, se non vi dispiace?>>, proferì con voce bassa. <<Questa orribile sensazione non vuole abbandonarmi. Io non…>>


"...proseguì Zulvesh, indicando loro dei versi stilati sulla pergamena di poco prima.

“Con il sangue domina la mia voce
Con la mia parola incanta le menti
Dona ad esse la quiete”..."


lunedì 25 luglio 2016

ALL'OMBRA DELLA LUNA - Storia di una strega mezzelfa (capitolo 7)

"Una sconcertante scoperta: la verità rivelata"

La notte era da poco trascorsa. I primi raggi di sole, trapelando dalla piccola finestra della stanza, la illuminavano sempre di più. Lumen, desto già da un po’, si alzò dal letto, raccolse i suoi effetti personali ed uscì dalla camera. Si recò nella sala da pranzo della locanda. Lì trovò Jhoanna ad attenderlo per consumare la colazione, che aveva già provveduto ad ordinare. Consumarono il pasto, dopodiché si diressero dall’oste per saldare il conto. Non appena furono pronti, montarono in sella e si misero in cammino per fare ritorno alla dimora del famigerato stregone.

Zulvesh era ad attenderli fuori dalla porta con aria impaziente. <<Era ora che vi decideste ad arrivare!>>
Jhoanna e Lumen si scambiarono uno sguardo attonito. Come mai lo stregone sembrava avere così tanta premura?
I due giovani salutarono lo stregone scusandosi per l’attesa.

Varcata la soglia della porta, Zulvesh li fece accomodare nuovamente nel vecchio studio.

<<Bene, non indugiamo oltre>>. Li afferrò per le spalle portandoli al centro della stanza. Ivi si sedette e principiò a cospargere un miscuglio di polveri ed erbe sul pavimento disegnando un cerchio di rune e simboli magici. Pose al centro di questo un largo recipiente di forma circolare in puro argento e lo riempì con dell’acqua. Ordinò alla coppia di sedersi nei cerchi magici tracciati all’interno di quello principale, dopodiché si posizionò dinanzi alla bacinella.

Jhoanna si scrutò intorno con fare perplesso, quindi si rivolse all’elfo sussurrandogli: <<Voi siete forse a conoscenza di questo genere di rituale, messer Lumen?>>
Il giovine scosse il capo. Pur praticando la stregoneria, non aveva nozione alcuna del suddetto né tantomeno riconosceva molte delle rune tracciate sul pavimento. Le rispose anch’egli a voce bassa: <<in vero, credevo si sarebbe svolto in un modo analogo a quello utilizzato ieri>>. Si rivolse quindi allo stregone: << Potreste darci delucidazioni in merito a codesta procedura, se non vi è di troppo disturbo?>>
Zulvesh annuì e principiò ad esporre loro come si sarebbe svolto il rituale. Siccome in quel momento non erano in possesso di alcun oggetto che potesse far da tramite con quegli eventi passati, sarebbero stati loro stessi, con le informazioni di cui erano a conoscenza, a fare da catalizzatori, grazie alle rune che li circondavano. Dalla piccola borsa appesa alla cintola, estrasse uno specchio, lo strinse fra i palmi delle mani, mormorò un incantesimo e lo adagiò all’interno dell’argenteo recipiente. Versò nell’acqua alcune sostanze e si rivolse ai due giovani: <<Adesso è tutto pronto. Prestate molta attenzione: tenete gli occhi rivolti sull’acqua e le orecchie ben aperte: sarà lì che il passato si mostrerà a noi e nel frattempo verrà anche impresso in quello specchio. Poi vi spiegherò come utilizzarlo>>.

L’atmosfera si fece cupa. Gli sguardi di Jhoanna e Lumen erano fissi sull’acqua. Lo stregone tese le braccia in alto, come a voler cogliere qualcosa che di lì a poco sarebbe caduta dal cielo. Con gli occhi chiusi, pronunziò una formula magica. Le sue mani furono avvolte da una voluta di energia. Aprì gli occhi e poggiò entrambe sui bordi del recipiente; il bagliore avvolse prima la bacinella poi andò a scomparire riversandosi nel liquido al suo interno.

Il pelo dell’acqua cominciò a tremare; dal centro si formarono delle onde che via via andavano espandendosi fino ai bordi del recipiente. L’ondeggiare divenne sempre più lento, fino a che il fluido divenne piatto e grigio. 
Figure sfocate apparvero in superficie, dando mano a mano forma ad un regno elfico. <<Ma è Sijhal!>> esclamò Lumen.
Le immagini avanzarono, passando per le vie del reame giungendo sin all’interno del palazzo reale. Nella sala del trono un anziano elfo, di bianche vesti ammantato, aveva fra le mani qualcosa avvolto in un panno candido. “Ve lo affido”, disse consegnandolo ad uno più giovane. Sul capo di costui vi era una corona finemente decorata. Il re lo ringraziò e accolse l’oggetto asserendo che lo avrebbe custodito anche a costo della sua stessa vita. Passando fra corridoi e cunicoli del castello, giunse in una cripta. Vi entrò e si diresse verso un altare in pietra. La bianca stoffa che avvolgeva il fagotto cadde ai suoi piedi. Scorsero le sue mani posare qualcosa sull’ara. I due giovani spettatori ebbero un sussulto: ciò che il re aveva appena deposto era il Wernyr!

Lo scenario sull’acqua mutò. Prese forma una foresta. Nascosti in una cavità rocciosa, un gruppo di demoni confabulava di un rapimento ed una ricompensa. Uno di loro lanciò un incantesimo su alcuni membri della compagnia: le loro fattezze demoniache lasciarono posto a sembianze umane. Gli altri si allontanarono inoltrandosi nella boscaglia. Una giovane elfa dalle vesti raffinate era intenta a raccogliere erbe officinali, quando d’un tratto si trovò assalita dai balordi di prima. Le sue grida di terrore echeggiarono nella stanza. Degli uomini giunsero in suo aiuto. 
<<Ma…quelli sono i demoni a cui è stato mutato l’aspetto!>>, asserì Jhoanna.

Le immagini ridivennero sfocate poi man mano prese di nuovo forma la sala del trono. Il sovrano abbracciò forte la giovane elfa, mentre le lacrime gli rigavano il viso. Si rivolse poi ad uno dei suoi salvatori. Gli abiti che indossava erano nobili: sulla sua giacca vi era il simbolo della casata di Larkos. Come ringraziamento, gli porse un baule colmo di monete d’oro. “Vi ringrazio Sire, ma non necessito del Vostro denaro. Piuttosto, sembra che custodiate un oggetto dall’inestimabile valore. Quale miglior premio per la vita della Vostra incantevole figliola”. Un ghigno apparve sul volto dell’uomo. “Suvvia, consegnatemi il Wernyr”. Il re trasalì inorridito dinanzi a quella richiesta. Adirato chiamò le guardie, le quali accorsero all’istante arrestando gli ospiti sospetti.

Fuoco e fiamme apparvero sul pelo dell’acqua. I loschi individui, evasi dalla loro cella, si intrufolarono fra i meandri del palazzo. Giunti dinanzi alla cripta, trovarono una porta in ferro battuto protetta da un sigillo. Spezzato il suddetto, corsero verso l’altare sul quale giaceva il prezioso scrigno. “Eccolo finalmente, Thisora sarà fiero di noi!”, affermò uno di essi ridendo malvagiamente. Arraffarono lo scrigno e scapparono via. Corsero senza sosta fino a giungere nel cuore della foresta. I loro compari erano lì ad attenderli. Ripresero le fattezze demoniache. Uno di loro lanciò un incantesimo col quale fece comparire un portale temporaneo. Lo attraversarono scomparendo nel nulla.

L’acqua ritornò limpida. <<E questo è quanto>>. Zulvesh, dopo aver borbottato parole incomprensibili, raccolse lo specchio dal recipiente d’argento frettolosamente.
Lumen e Jhoanna si scambiarono uno sguardo perplesso.
Si alzarono dal pavimento e raggiunsero la scrivania. Dopo che si furono accomodati, lo stregone posò lo specchio sul tavolo, accanto alle lame gemelle di Zarnath. Prese un foglio di pergamena, intinse la nera piuma nell’inchiostro e vi iniziò a scrivere. 

<<Ieri siete giunti da me perché volevate scoprire quale fosse la verità dietro la guerra, tuttora in atto, principiata ben quattro secoli fa fra umani ed elfi>>. Si abbandonò sullo schienale della poltrona ed incrociando le braccia continuò: <<Ebbene, questo vecchio stregone non solo ve l’ha mostrato, ma vi darà anche qualcosa che porrà finalmente fine alla faida>>.

I due lo scrutarono sbigottiti. Data la fama dello stregone, non si aspettavano certo un gesto di magnanimità da parte sua. O forse non lo era?



"Figure sfocate apparvero in superficie, dando mano a mano forma ad un regno elfico. <<Ma è Sijhal!>> esclamò Lumen"

giovedì 21 aprile 2016

ALL'OMBRA DELLA LUNA - Storia di una strega mezzelfa (capitolo 6)

"La visione di Zulvesh: la nascita della nuova prescelta"

Lumen principiò ad esporre allo stregone il motivo per cui erano giunti da lui, prestando attenzione a non nominare in modo diretto i due scrigni, riferendosi a questi come ad oggetti di estrema importanza, di uno dei quali si sono perse le tracce. 
Jhoanna non era ancora riuscita a proferir parola. La sensazione di forte disagio continuava ad accompagnarla.

<<Ho udito molto sulla grandezza dei vostri poteri, sir Zulvesh. Di certo siete l’unico in grado di vedere in quell’oscuro passato>>, disse Lumen.
<<Sicuramente è come dite voi. Ma prima di accettare l’incarico da voi proposto, mi devo sincerare che possiate ricompensarmi adeguatamente>>. Sorrise sardonicamente, poi si alzò dalla poltrona sulla quale era seduto e si diresse alle spalle dei due. 
Jhoanna ebbe un sussulto.
<<Oh, non temete mia cara>> fece rivolto alla donna con tono canzonatorio, <<non ho alcuna intenzione di farvi del male. Ora rilassatevi>>.

Pose le mani sui loro capi, dopodiché chiuse gli occhi ed entrò come in uno stato di trance. Grazie ai suoi poteri, cominciò a scrutare il loro passato, presente e futuro, in cerca di un qualcosa che potesse essere di suo interesse da richiedere come compenso della missione. Varie scene principiarono a succedersi nella sua mente: foreste, villaggi elfici, luoghi intrisi di magia, un’accademia, campi di battaglia, una biblioteca piena di antichi testi, ma nulla di interessante per lui. 

Continuò a scrutare; il suo sesto senso lo spinse ad andare avanti. 

Vide un amore sbocciare, due giovani convolare a nozze, sudore e lacrime, il vagito di un neonato. Vide un’elfa oscura lavare dai fluidi del parto una bambina appena venuta alla luce e trasalire all’improvviso. Qualcosa doveva averla turbata. Avrebbe potuto sorvolare sulla faccenda, ma il suo istinto glielo impedì. Cosa aveva visto l’elfa sulla neonata? Doveva saperlo. La sua concentrazione divenne più forte, fin quando non riuscì a vedere attraverso gli occhi della donna. Ecco cos’era! Sulla nuca dell’infante vi era una strana voglia color dell’argento a forma di falce di Luna. Alla vista di questa l’elfa ebbe un fremito e proferì a fil di voce: “Non posso crederci…a quanto pare Heridor ha scelto te, nipote mia.”

Zulvesh alzò le mani dai capi dei suoi ospiti. Aveva visto abbastanza. 

Un ghigno apparve sul volto dello stregone.<<Bene, accetto l’incarico>>.
<<Non ci avete ancora detto cosa volete in cambio, sir Zulvesh>>, gli disse Lumen.
<<Oh, non preoccupatevi, mi pagherete a tempo debito. Ogni cosa al momento opportuno. Ora andatevene e lasciatemi lavorare in pace. Tornate domani mattina, quando tutto sarà ormai pronto>>.

I due giovani lasciarono la dimora dello stregone e si diressero in un villaggio non molto distante da lì. Giunsero in una locanda. Decisero di mangiare un boccone prima di riposarsi. 

<<Chissà cosa avrà voluto dire con quelle parole… “mi pagherete a tempo debito”…che si riferisse forse ad uno o entrambi gli scrigni?>>, chiese Jhoanna all’elfo con aria pensierosa e preoccupata.
<<Credete che possa essere di suo interesse impossessarsene? >>
<<Non saprei. D’altronde il potere che racchiudono è tanto immenso quanto pericoloso. Non ho un buon presentimento su tutto ciò>>.
<<Sia chiaro milady, nemmeno io mi fido di quell’individuo, ma in questo momento abbiamo bisogno dei suoi servigi>>. Mangiò qualche altro boccone di spezzatino poi continuò. <<Ora è inutile arrovellarci le menti. Attendiamo domani e vediamo cosa avrà da dirci>>.

Terminata la cena, i due si recarono nelle stanze prese per la notte. Jhoanna si concesse un bagno caldo, sperando di riuscire a scrollarsi di dosso la sensazione di disagio che l’aveva accompagnata per tutto il giorno, ma senza risultato. Sdraiatasi sul letto, si lasciò avvolgere dal calore della coperta e dopo un po’ si addormentò. 

L’austera dimora era completamente avvolta dalle tenebre. Nel camino il fuoco ancora scoppiettava. Da quando Lumen e Jhoanna erano andati via, Zulvesh cominciò a girovagare per lo studio con fare concitato. Non riusciva a smetter di rimuginare su ciò che aveva visto nel futuro dei due giovani. Era stato per lui come un fulmine a ciel sereno. Finalmente la sua lunga attesa stava per giungere a termine. La prescelta avrebbe presto fatto la sua comparsa. Mai avrebbe immaginato che questa volta si sarebbe imbattuto in lei per caso. Era una ghiotta occasione da non sprecare assolutamente. Quale miglior ricompensa per il suo operato? Sarebbe stata sua, come le altre prima di lei. 

Ma, per quanto egli fosse in grado di leggerlo in ogni suo particolare, il futuro poteva sempre mutare a causa di inaspettati eventi. Doveva far sì che l’avvenire dei due proseguisse anche meglio di come predetto. Prese allora una decisione: non solo avrebbe esaudito la richiesta dell’elfo, ma li avrebbe anche aiutati nel porre fine alla guerra in corso fra le due razze. 

Si avvicinò al camino e lanciò un semplice incantesimo d’acqua per spegnere le braci ardenti. Attese qualche minuto affinché il tutto si raffreddasse. Allungò il braccio al suo interno e cominciò a tastarne le pareti. Dopo qualche istante udì il sordo rumore di un meccanismo che veniva attivato. Zulvesh sfilò il braccio dall’interno del camino. Nel silenzio della stanza si sentivano gli ingranaggi entrare in funzione. La vecchia libreria si scostò in parte dalla parete, come una porta che è stata aperta. Dietro di questa vi era celato un passaggio. Presa la lampada ad olio accesa che era sul tavolo, scese le scale in pietra che portavano ad una sorta di cantina ampia quanto l’intera magione. Al suo interno lo stregone aveva riposto, nel corso dei secoli, tutto ciò che aveva un’importante rilevanza per lui, che sia per il mero valore materiale o per la pericolosità. Sul pavimento vi erano deposte decine di casse impolverate. Si arrestò dinanzi ad una di queste e l’aprì. Prese a scavare fra gli oggetti che conteneva.

<<Ah, eccole qui! Le lame gemelle di Zarnath! >> esclamò. Tra le mani teneva due pugnali finemente lavorati, identici in ogni particolare, eccezion fatta per la gemma incastonata sull’elsa dorata; su di una vi era uno zaffiro e sull’altra un rubino. Richiuse la cassa e tornò nello studio. Posò la lampada ed i pugnali sul tavolo. 

Si recò in cucina dopodiché tornò nello studio portando con sé un calice ed una bottiglia di vino rosso. Riaccese il camino, si accomodò sulla logora poltrona postavi difronte e si versò da bere. Mentre faceva roteare il calice con la vermiglia bevanda disse fra sé e sé: <<Anche questa volta sarai mia!>>
Principiò a ridere sommessamente, per poi esplodere in una bieca risata.



"Riaccese il camino, si accomodò sulla logora poltrona postavi difronte e si versò da bere."

giovedì 25 febbraio 2016

ALL'OMBRA DELLA LUNA - Storia di una strega mezzelfa (capitolo 5)

"Il disagio di Jhoanna: Zulvesh il discepolo della morte"

Era ormai scesa la sera. I due giovani erano stremati dalle forti emozioni della giornata, in special modo Jhoanna. Ermelinda mise a loro disposizione due camere che si trovavano accanto agli appartamenti privati di Toranus. Augurò la buona notte ai suoi ospiti e si congedò.

<<Cercate di riposare. Quest’oggi è stato intenso per voi e domani dovremo rimetterci in viaggio. Ci attendono all’incirca una decina di giorni di cammino per giungere nella foresta dove siamo diretti>>, disse Lumen rivolto a Jhoanna.
<<A proposito, non mi avete detto ancora nulla riguardo la nostra prossima meta e chi dovremo incontrare.>>
<<Non vorrei rovinarvi il sonno. Per adesso non pensateci. Vi prometto che domani ne parleremo. D’accordo?>>
Jhoanna annuì col capo.

<<Bene, adesso vi lascio riposare. Buona notte>>, la salutò sorridendo.

L’indomani mattina si alzarono alle prime luci dell’alba. Dopo aver consumato il primo pasto della giornata, salutarono i padroni di casa e si rimisero in cammino.

Avanzarono senza sosta per ore. Jhoanna, visibilmente ancora scossa per gli avvenimenti del giorno prima, era assorta nei suoi pensieri e non proferì parola per tutto il tempo. I morsi della fame cominciarono a farsi sentire, così i due giovani arrestarono il loro andare ed allestirono un piccolo campo di fortuna per rifocillarsi e far riposare i cavalli prima di poter riprendere il cammino. 

<<Siete stanca, lady Jhoanna? Volete riposarvi ancora un po’ prima di ripartire?>>, le chiese Lumen.
<<Vi ringrazio, sto bene>>, gli rispose sorridendo. <<Piuttosto, non dovevate parlarmi della persona con cui dovremo vederci?>>
<<Avete ragione. Una promessa è una promessa. Ma il racconto sarà lungo, quindi ritengo opportuno rimetterci in viaggio>>.

Rimessisi in sella, Lumen cominciò: <<Il luogo in cui siamo diretti è la foresta di Zakos. Pur non essendo molto vasta, è talmente fitta che i raggi del sole non riescono a penetrarvi, eccezion fatta per il cuore della stessa, in cui non vi sono alberi ma soltanto sassi, ammassi rocciosi e …>>, trasse un profondo respiro prima di continuare, <<la dimora di colui che dovremo incontrare>>.
<<È evidente che l’idea di imbattervi in questo individuo non vi aggrada sir Lumen. Per quale ragione? Chi è costui?>>
<<Il suo nome è Zulvesh, uno stregone dall’immenso potere, in grado di padroneggiare tutte le arti magiche, ma quelle in cui eccelle sono la negromanzia e la veggenza. Si narra che possa evocare lo spirito di qualsiasi defunto, a prescindere dal tempo trascorso dalla sua morte, e che riesca a vedere avanti e indietro nel tempo per secoli, leggendo passato e futuro come fossero libri aperti>>.
<<Ed è per questo che siamo diretti da lui, vero?>>.
<<Esatto milady. Grazie alle sue capacità probabilmente è l’unico in grado di fornirci qualche notizia in più su questo oscuro passato>>.
<<Dovete scusarmi, ma non riesco ancora a comprendere la ragione per cui non vi faccia piacere incontrarlo se può esserci di aiuto>>.
<<Dite così perché non conoscete la sua terribile fama. È tutt’altro che un uomo benevolo, i suoi immensi poteri sono pari alla sua malvagità. Per questo motivo è noto ai più come il discepolo della morte>>.

Pur non avendolo mai sentito nominare prima di quel momento, in Jhoanna scaturì una sensazione di forte disagio, che le fece correre un brivido lungo la schiena.

Il viaggio era ormai volto a termine. Lumen e Jhoanna arrivarono alla foresta di Zakos e si addentrarono nella fitta vegetazione. Pur essendo in pieno pomeriggio, sembrava di essere a sera inoltrata. Proseguirono a piedi, accompagnando a mano i destrieri. Mano a mano che avanzavano e raggiungevano il cuore della boscaglia, l’oscurità diminuiva ed il rossore del tramonto ne prendeva il posto.

Dopo aver camminato per un po', giunsero dinanzi alla dimora dello stregone. Esteriormente dava l’impressione di essere abbandonata da anni. Dalle finestre non trapelava neppure un flebile bagliore. Si guardarono intorno stupiti e delusi. 
<<Possibile che non vi dimori più qualcuno qui? Siete certo che il luogo sia questo, messere?>>, chiese Jhoanna all'elfo.

D'improvviso udirono le parole di un incantesimo alle loro spalle. La zona circostante cominciò ad illuminarsi: fu come se stesse albeggiando solo in quell’area. Si voltarono di scatto. Davanti a loro si prestava un uomo dal fisico alto e robusto. I lunghi capelli lerci e sciatti, neri come la pece, conferivano alla sua figura un aspetto selvaggio. Il suo sguardo, truce e penetrante, era come colmo di brace ardente. Indossava un'armatura in cuoio e metallo; sulle spalle un logoro mantello dalle rifiniture dorate. Armato di lancia e con un pugnale appeso alla cintola, la sua mano sinistra era ancora avvolta dal bagliore del sortilegio lanciato pochi istanti prima.

<<Chi siete voi? Per quale motivo avete osato addentrarvi nelle mie terre?>> disse l'uomo rivolto ai due giovani.
Lumen prese la parola: <<Siamo giunti fin qui perché avremmo bisogno di conferire con il famigerato Zulvesh. Siete forse voi?>>.
<<Sì, sono proprio io>>, rispose. <<Non apprezzo ricevere visite inaspettate, a meno che non si tratti di offrire i miei servigi in cambio di una ricompensa. Dunque, se avete  un qualche affare da propormi restate, altrimenti levatevi subito dai piedi!>>
L'elfo annuì con un gesto del capo.
<<Bene. Seguitemi.>>

I tre entrarono in quella dimora che pareva abbandonata. Lo stregone li condusse in una stanza buia. Ad un suo gesto il fuoco nel camino si accese ed illuminò in parte ciò che sembrava essere uno studio. Sulle pareti scaffali pieni di testi, alcuni dall'aspetto consunto e vecchio, bottiglie e recipienti vari, contenenti chissà quali sostanze. Sul tavolo di fronte a loro un alambicco per distillare pozioni e qualche libro.

<<Sedetevi>>, fece Zulvesh indicando loro delle sedie impolverate mentre si accomodava su di una poltrona sita dietro al tavolo. <<Ed ora ditemi, cosa può fare per voi questo “umile” stregone?>>.



"...la sua mano sinistra era ancora avvolta dal bagliore del sortilegio lanciato pochi istanti prima..."



venerdì 13 novembre 2015

ALL'OMBRA DELLA LUNA - Storia di una strega mezzelfa (capitolo 4)

"Quattro secoli addietro: la scomparsa del Wernyr"

Jhoanna sbattendo le mani sul tavolo scattò dalla sedia.
<<Voi uno dei custodi, maestro? Allora le mie intuizioni erano corrette. Ricordate quando venni da voi e vi trovai accasciato al suolo?>>
Toranus annuì con un grugnito.
<<Vedete, nel momento in cui apriste la cassaforte per controllare che non avessero sottratto ciò che vi era custodito, il mio sguardo non poté fare a meno di posarsi sullo scrigno ivi riposto. Quando poi sfogliando le pagine di un antico testo mi son trovata dinanzi l’immagine del Wernyr, ho riconosciuto su quest’ultimo lo stesso simbolo che era inciso sull’oggetto in vostro possesso>>. 
Toranus si allontanò dalla finestra e, continuando ad accarezzarsi la folta barba, tornò a sedersi alla sua scrivania. 
<<La tua perspicacia non si smentisce mai!>> disse orgoglioso rivolto alla sua discepola. <<Quello in mio possesso è proprio il Fernyr, scrigno in cui vi è custodito il Jelar. Da generazioni ormai viene tramandato di padre in figlio e, prima della mia scomparsa, dovrò designare un degno erede, dato che non ho prole a cui poterlo affidare, e sei tu ragazza mia>>.
Jhoanna rimase basita.
<<Io? Ma non conosco altro sulla faccenda se non quello che son riuscita a trovare sui libri e la leggenda che mi ha raccontato sir L…>> si interruppe prima di proferire, non volendo, il nome di Lumen; non poteva rischiare di smascherarlo; poi si corresse <<…il mio amico qui presente>>.
Toranus emise una fragorosa risata. <<Puoi star tranquilla, mia cara, il vostro segreto con me è al sicuro. Credete davvero che non mi sia accorto dell’amuleto che costui porta al collo? Ti rammento che sono stato io il creatore del simulatus facies. Qual è il vostro nome dunque, messer “elfo”?>>
All’udire il suono di quelle parole Lumen sussultò. <<Lumen Pharenthir. Onorato di fare la vostra conoscenza, sir Toranus.>> rispose balbettando.
Jhoanna spazientita rincalzò. <<Ma l’altra runa? Sapete che fine abbia fatto? È vero che sono stati gli umani a portarla via da Sijhal?>>
<<Purtroppo è un quesito a cui non so dare risposta alcuna. Non ho fatto altro che chiedermelo ogni giorno da quando mi è stato affidato il Fernyr, svolgendo anche qualche ricerca in merito>>.

Dopodiché Toranus abbassando lo sguardo sospirò pesantemente; non aveva il coraggio di guardare la sua prediletta negli occhi per ciò che le stava per proferire. <<Jhoanna cara, sai che per me sei sempre stata come una figlia, e so che hai sempre nutrito un forte rispetto ed affetto nei miei confronti. Spero tu possa perdonarmi. Vi è una parte di storia di cui nessun altro, al di fuori del nostro ordine, ne è a conoscenza ed in qualità di custode ne sono stato messo al corrente. Purtroppo non potevo parlartene, anche se avrei voluto farlo con tutto il cuore, non prima di esser certo di potermi fidare completamente di te e designarti come mia erede>>.
<<Come sarebbe a dire? Posso capire il vostro dovere di custode, ma sapevate benissimo quali erano i miei pensieri in merito a questa follia e ciò a cui stavo andando incontro. Perché nonostante tutto non me ne avete parlato? Sapete quanto sangue ho versato e quante vite ho spezzato a causa vostra?>>

Innervositasi ulteriormente, principiò a percorrere in lungo e in largo la stanza in evidente stato di agitazione.

<<Devi sapere, ragazza mia>> riprese Toranus <<che quando il testimone passò a me, fui istruito su come svolgere questa ostica funzione, e la prima regola che appresi fu di mantenere a tutti i costi il segreto su ciò che riguardava gli scrigni e la storia ad essi collegata. Avevo bisogno di comprendere fin dove ti saresti spinta per scoprire la verità, per tale ragione ho preferito non intervenire. Solo così sarei potuto esser certo di aver fatto la scelta giusta designando te come mia erede >>.

Non riuscendo più a trattenere la rabbia, Jhoanna si avvicinò frettolosamente verso Toranus. Intuendo ciò che stava per compiere, Lumen la anticipò parandosi fra lei e l’alchimista, ricevendo un sonoro schiaffo sul volto.
Accortasi della gravità del gesto compiuto, tornò in se. Cadde in ginocchio, si portò le mani al volto e scoppiò in lacrime. Carezzandosi la guancia appena colpita, Lumen si chinò verso di lei e le porse la mano per aiutarla a rialzarsi.
<<Comprendo molto bene ciò che provate Jhoanna. Ma vi prego, cercate di calmarvi. Il vostro mentore tiene molto a voi. Di certo avrà avuto una ragione più che valida per tenervi celato il tutto. Non lasciate che le lacrime righino il vostro volto ed ascoltate ciò che ha da dirvi>>, estrasse un fazzoletto dalla tasca e glielo porse. Lei lo prese e si asciugò il viso.

Quella scena di sostegno e amicizia fra un elfo e un’umana, infuse in Toranus la speranza che, finalmente dopo secoli, qualcosa sarebbe potuto cambiare.

<<Suppongo vi sia dell’altro che dovremmo sapere. Ritenete che possa udire anch’io le vostre parole in merito, sir Toranus? O preferite che attenda altrove?>>
<<No, restate pure, giovane elfo. Ormai qual che è detto è detto. Tanto vale che rimaniate qui anche voi>>.

Lumen si alzò e invitò Jhoanna a sedersi.

<<Pochi decenni dopo la disfatta dell’oscura regina, il signorotto di un reame umano col suo seguito, un giorno, trovandosi di passaggio nella foresta poco al di fuori del regno elfico di Sijhal, giunse in soccorso della principessa che era stata attaccata da un manipolo di demoni seguaci di Elwayth. Tratta in salvo la fanciulla, la ricondusse da suo padre ed in segno di gratitudine il sovrano volle ricompensarlo con dell’oro. Ma l’ignoto signorotto lo rifiutò, proponendo che al posto di questo gli venisse consegnato il Wernyr. Il sovrano, indispettitosi dall’ambigua richiesta, ordinò che lui ed il suo seguito venissero arrestati. Si sarebbe privato di ogni ricchezza, ma mai e poi mai avrebbe ceduto lo scrigno contenente la pericolosa runa in mani altrui>>.

<<Richiesta alquanto curiosa>> , disse Lumen interrompendo il racconto.

<<Lasciate che prosegua e tutto vi sarà più chiaro. Durante la notte venne udito un forte boato, dopo di che il palazzo fu invaso dalle fiamme. Le guardie si diedero da fare di gran lena per portare in salvo chiunque fosse nell’edificio. Quando giunsero alle prigioni trovarono privi di sensi i soldati che erano ivi di guardia. Preoccupati si affrettarono a raggiungere le celle e, anche se le porte erano ancora chiuse, notarono che le sbarre erano state disciolte e dei prigionieri non vi era più traccia. Il sovrano si precipitò preoccupato alla cripta, luogo in cui era custodito lo scrigno, per portarlo al sicuro con sé, ma non lo trovò né lì né altrove in tutto il regno. Si rammentò dei loschi individui che fece arrestare il giorno prima e del loro particolare interesse verso l’oggetto, e capì che furono proprio questi ultimi a portarlo via. Il sovrano di Sijhal mandò delle truppe di soldati nei villaggi limitrofi in cerca dell’uomo e dello scrigno, ma senza ottenere risultato alcuno. Si rammentò dello stemma cucito sugli abiti del signorotto e lo collegò al casato Larkos. Decise quindi di presentarsi di persona nel reame per conferire col re. Gli riferì dell’uomo recante il simbolo del suo casato che lo aveva derubato dell’importante scrigno, chiedendogli la restituzione di quest’ultimo. Ma il re negò di esserne in possesso. Nel mentre vide passare al lato della stanza lo stesso giovine che aveva salvato sua figlia e inveì contro di lui accusandolo del furto. Il signore di Larkos offesosi dalle accuse rivolte al figlio, fece scortare l’elfo fuori dal regno. Non contento del trattamento ricevuto e convintosi che gli umani avessero sottratto il Wernyr perché schierati con Elwayth, dichiarò loro guerra>>.

<<Pazzesco!>> esclamò Lumen <<E da allora nessun altro si è più messo alla ricerca dello scrigno? Il suo ritrovamento avrebbe forse potuto metter fine alla follia>> .

<<Oh, è stato cercato eccome! Noi custodi del Fernyr abbiamo il solo compito di tenerlo celato e proteggerlo anche a costo della vita, ma il pensiero dell’altro scrigno disperso chissà dove mi spinse a cercarlo con ogni mezzo a mia disposizione. Sappiate che le due rune hanno una particolarità. Essendo complementari, una volta che l’una si trova a meno di un miglio di distanza dall’altra, comincia a reagire vibrando e producendo una luce propria. Per questo motivo portavo il Fernyr sempre con me, ma non ha mai avuto alcuna reazione di sorta purtroppo>>, sospirò, << l’ho cercato in ogni terra in cui potessi metter piede, ma per via della guerra non potei provare nei domini elfici ed ovviamente nemmeno in quelle appartenenti al regno oscuro di Ghorthien>>.

<<Ho battuto le nostre terre per quasi un secolo senza riuscire a trovarne nemmeno una minima traccia. Non credo sia in mani elfiche e comunque non avrebbe senso alcuno dato che gli elfi hanno dichiarato guerra agli umani convinti che fosse in loro possesso>>. Lumen si fece pensieroso.  <<Mmm… e se il ladro non fosse il principe di Larkos ma solo qualcuno che ne avesse preso le sembianze? D’altronde io stesso ho dovuto mutare il mio aspetto per giungere qui>>.
<<Potreste aver ragione, sir Lumen>> disse Jhoanna che nel mentre si era calmata <<se solo ci fosse un modo per confermare i vostri sospetti!>>

Il giovane elfo, con aria cupa, fece un gran respiro come per darsi forza.<<Beh, qualcuno in grado di aiutarci ci sarebbe, ma non è certo noto per la sua benevolenza. Speravo di non doverci avere mai a che fare in tutta la mia vita, ma a quanto pare non sarà così…>>



 "...Toranus abbassando lo sguardo sospirò pesantemente; non aveva il coraggio di guardare la sua prediletta negli occhi per ciò che le stava per proferire..."